
Il countdown verso i Mondiali di calcio del 2026 – i primi della storia a 48 squadre e con sede tripartita in Stati Uniti, Messico e Canada – è cominciato. E con esso, anche le ombre della geopolitica tornano a proiettarsi minacciose sul calcio globale. A oggi, sono tredici le nazionali già qualificate per la fase finale: ai tre Paesi organizzatori si sono aggiunte le sudamericane Brasile, Argentina ed Ecuador, le asiatiche Iran, Australia, Uzbekistan, Giappone, Corea del Sud e Giordania, e la rappresentante dell’Oceania, la Nuova Zelanda.
Ma una di queste tredici potrebbe presto non farne più parte. Si tratta dell’Iran, che ha strappato il biglietto per il suo quarto Mondiale consecutivo grazie a un 2-2 contro l’Uzbekistan lo scorso marzo (doppietta di Mehdi Taremi). Tuttavia, con il bombardamento statunitense del 22 giugno contro tre impianti nucleari iraniani – attacco annunciato in diretta TV dal presidente Donald Trump, che ha rivendicato l’azione militare come risposta alle continue provocazioni di Teheran – la partecipazione dell’Iran alla Coppa del Mondo 2026 è diventata un enorme punto interrogativo.

Geopolitica e sport: l’ingresso negato e i limiti insormontabili
Gli attacchi – sei bombe anti-bunker sganciate da bombardieri stealth B-2 sull’impianto sotterraneo di Fordow e trenta missili Tomahawk diretti verso Natanz e Isfahan – hanno acuito una crisi già profonda. Attualmente, l’Iran è inserito nella lista dei Paesi i cui cittadini non possono entrare negli Stati Uniti, misura che include anche sportivi e tecnici.
Sebbene si possa ipotizzare una deroga per i membri della squadra nazionale, resta comunque esclusa la possibilità che i tifosi iraniani possano assistere dal vivo alle partite. E non solo: se l’Iran venisse sorteggiato in uno dei gironi disputati in Messico (come il Gruppo A) o in Canada, potrebbe trovarsi costretto, in caso di passaggio del turno, a giocare in territorio statunitense durante la fase a eliminazione diretta, rendendo logisticamente e diplomaticamente impossibile la sua permanenza nel torneo. Non sarebbe la prima volta che la FIFA si trova costretta a prendere decisioni drastiche a causa di guerre, sanzioni o ingerenze politiche. Il calcio, come ogni altro ambito della società, non è immune dalla storia.
Iran e i precedenti: escluso nel 1986 per la guerra con l’Iraq
Paradossalmente, proprio l’Iran ha già conosciuto l’amarezza dell’esclusione per motivi bellici. Era il 1986, e mentre la Coppa del Mondo si disputava in Messico, la Repubblica islamica era impantanata nella lunghissima e sanguinosa guerra contro l’Iraq (1980–1988). Allora, fu ritenuto impossibile garantire la sicurezza delle partite e dei viaggi internazionali: la FIFA, con motivazioni ufficialmente tecniche ma sostanzialmente politiche, tagliò fuori l’Iran dalle qualificazioni. Ironia della sorte, l’Iraq, Paese con cui era in guerra, fu invece ammesso e si qualificò per la fase finale, dove però incassò tre sconfitte contro Paraguay, Belgio e i padroni di casa messicani.

Chi è già stato escluso dal Mondiale 2026
L’Iran potrebbe diventare la quarta esclusa ufficiale da questa edizione dei Mondiali, dopo Russia, Congo e Pakistan. La Russia è fuori da ogni competizione FIFA e UEFA dal 2022, a seguito dell’invasione dell’Ucraina, e la sua situazione resta congelata. Il Congo, invece, è stato sospeso per ingerenze politiche nella propria federazione calcistica, mentre il Pakistan non ha rispettato il termine per l’adozione di uno statuto che garantisca elezioni trasparenti all’interno della federazione nazionale.
Una lunga storia di esclusioni: dal 1938 a oggi
La FIFA, nella sua storia, ha più volte escluso nazioni da Mondiali o qualificazioni. Talvolta per motivi bellici, altre volte per questioni politiche, tecniche, o addirittura economiche. Ecco alcuni dei casi più eclatanti:
- 1938 (Francia): la Spagna, dilaniata dalla guerra civile, non partecipò.
- 1950 (Brasile): escluse Germania e Giappone per il loro ruolo nella Seconda guerra mondiale, appena conclusa.
- 1954: diverse squadre (Islanda, Bolivia, Costa Rica, Cuba, Vietnam e India) non rispettarono il termine d’iscrizione.
- 1958 (Svezia): Corea del Sud ed Etiopia assenti, mentre Turchia, Indonesia e Sudan si rifiutarono di giocare contro Israele, ritirandosi.
- 1966 (Inghilterra): il Sudafrica fu bandito a causa dell’apartheid. In risposta, 31 nazioni africane boicottarono il torneo.
- 1970: Guinea e Zaire escluse per mancato rispetto dei criteri FIFA.
- 1982: la Repubblica Centrafricana esclusa per motivi burocratici.
- 1990 (Italia): il Messico fu sospeso per aver falsificato l’età dei giocatori nel torneo U-20.
- 1994 (USA): assente la Jugoslavia, dilaniata dalla guerra nei Balcani. Escluse anche Libia (accuse di terrorismo) e Cile (squalificato per un episodio gravissimo durante una partita di qualificazione contro il Brasile).
- 2002 (Corea-Giappone): la Guiana esclusa per problemi finanziari.
- 2014 (Brasile): il Brunei fu sospeso per interferenze governative nella federazione calcistica.
- 2018 (Russia): bandita l’Indonesia per motivi simili. Lo Zimbabwe non partecipò per debiti nei confronti dell’ex CT Claudinei.
- 2022 (Qatar): la Russia, inizialmente ammessa alle qualificazioni, fu squalificata dopo l’invasione dell’Ucraina.
Il rebus Iran: la FIFA sarà arbitro della pace o succube della guerra?
La situazione dell’Iran, in questo momento, è un banco di prova delicatissimo per la FIFA. Il massimo organismo calcistico mondiale, che ha fatto della neutralità uno dei suoi dogmi (almeno ufficialmente), si troverà presto di fronte a un bivio: accettare che una nazione sotto attacco e priva di accesso diplomatico possa partecipare a una manifestazione in territorio ostile, oppure escluderla per “motivi logistici” (come fatto con altri Paesi in passato), accettando però l’inevitabile accusa di piegarsi alla volontà politica della nazione ospitante.
L’impressione è che la decisione arriverà solo dopo il sorteggio dei gironi, previsto tra fine 2025 e inizio 2026. Se l’Iran dovesse essere sorteggiato in un girone canadese o messicano, la FIFA potrebbe provare a guadagnare tempo, ma lo spettro dell’eliminazione a tavolino incomberebbe sulla fase a eliminazione diretta. In alternativa, la Federazione Internazionale potrebbe scegliere una via più drastica, come l’esclusione preventiva, giustificandola con i “rischi insormontabili legati alla sicurezza”.
Quel che è certo è che i Mondiali 2026, nati sotto il segno dell’inclusione e dell’allargamento a 48 squadre, rischiano di diventare teatro di nuove fratture internazionali. In mezzo, come sempre, il pallone, costretto ancora una volta a rotolare sotto le bombe.