
Il prossimo 25 giugno, la Corte d’Appello di Milano si pronuncerà sul caso di Alessandro Impagnatiello, condannato in primo grado all’ergastolo per l’omicidio di Giulia Tramontano, sua compagna incinta al settimo mese, e del loro bambino mai nato, Thiago.
La difesa di Impagnatiello ha presentato ricorso, chiedendo alla corte di riformare la sentenza del 25 novembre 2024, sostenendo che l’omicidio non sia stato premeditato, ma piuttosto il risultato di un “susseguirsi di errori” commessi da un uomo incapace di affrontare la propria “personalità narcisistica”.

La tesi della difesa
L’avvocata di Impagnatiello, Giulia Geradini, punta a far cadere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, e a far riconoscere le attenuanti generiche. Se la richiesta venisse accolta, la pena per Impagnatiello potrebbe essere ridotta a 30 anni.
Secondo la difesa, non ci sarebbe alcuna prova di un omicidio “pianificato”. Al contrario, la dinamica “grossolana e maldestra” con cui Impagnatiello avrebbe tentato di disfarsi del corpo e di nascondere le tracce del delitto, simulando la scomparsa di Giulia, dimostrerebbe esattamente il contrario. A supporto di questa tesi, la difesa sottolinea alcuni dettagli:
- Acquisto post-omicidio: Impagnatiello avrebbe acquistato la benzina per incendiare il corpo e il carrello per trasportarlo dopo aver commesso l’omicidio.
- Spostamenti rischiosi: Il cadavere sarebbe stato spostato più volte lungo le scale condominiali, “altamente frequentate”, rivelando una mancanza di pianificazione e una certa irrazionalità.
- Tracce evidenti: La confezione di topicida, che Impagnatiello avrebbe somministrato a Giulia mesi prima, sarebbe stata lasciata in bella vista, nonostante il suo utilizzo mirato.
Un punto cruciale della difesa riguarda le ricerche sul veleno per topi. Secondo l’atto d’appello, le ricerche di Impagnatiello si sarebbero concentrate “sempre ed esclusivamente sul feto”, con l’obiettivo di “provocare l’aborto della Tramontano e non causarne la morte”. La difesa sostiene che Thiago, il bambino mai nato, fosse percepito da Impagnatiello come “un ostacolo per la sua carriera, per la sua vita, per l’acquisto della casa futura e per la relazione con Tramontano”. L’incapacità di interrompere la gravidanza sarebbe stata dettata dalla sua “personalità narcisistica”, che gli avrebbe impedito di rovinare “l’immagine perfetta che ha sempre voluto dare di sé”.

L’aggravante della crudeltà
Per quanto riguarda l’aggravante della crudeltà, la difesa sostiene che la vittima, colpita alla schiena, “non ha avuto il tempo di accorgersi di ciò che stava accadendo”. Questo si evincerebbe dall’assenza di segni di difesa sul corpo di Giulia, che avrebbero indicato un tentativo di voltarsi e di rendersi consapevole della tragedia che stava per abbattersi anche sul bambino.
Infine, la difesa chiede il riconoscimento delle attenuanti generiche, argomentando che Impagnatiello avrebbe “immediatamente manifestato alla famiglia della vittima il suo pentimento e le sue scuse”.
Il processo d’Appello vedrà la sostituta procuratrice generale Maria Pia Gualtieri sostenere l’accusa, con l’obiettivo di confermare la condanna all’ergastolo. La contrapposizione tra la visione della difesa, che parla di un susseguirsi di errori e di un omicidio non premeditato, e quella dell’accusa e della sentenza di primo grado, che invece evidenziano la premeditazione e la crudeltà, sarà al centro del dibattito. L’esito del processo d’Appello determinerà il futuro di Alessandro Impagnatiello e la percezione di questo drammatico evento che ha sconvolto l’Italia.