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Sondaggio su Trump: cosa pensano gli europei del presidente americano

Pubblicato: 23/06/2025 09:24
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A meno di un anno dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, l’impatto della sua presidenza ha oltrepassato i confini statunitensi per trasformare in profondità l’architettura politica e strategica europea. Un sondaggio condotto dall’European Council on Foreign Relations (Ecfr) rivela come parole e decisioni del presidente americano stiano rimodellando l’identità geopolitica del continente. L’estrema destra oggi difende l’ordine atlantico, mentre i partiti mainstream si ricompattano attorno a un’idea di sovranità europea armata. E il tradizionale progetto di pace dell’Unione Europea si trasforma in una vera e propria strategia di deterrenza militare.
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Difesa comune e autonomia strategica: l’Europa si risveglia

Il sondaggio, pubblicato in vista del Vertice Nato 2025 all’Aia, è stato realizzato prima dell’attacco americano all’Iran e ha coinvolto dodici Paesi europei, tra cui Germania, Francia, Regno Unito, Italia e Spagna. I dati mostrano una chiara tendenza: cresce in modo trasversale il sostegno all’aumento delle spese militari (50% in media), al sostegno all’Ucraina in caso di disimpegno degli Stati Uniti (59%) e alla creazione di un deterrente nucleare europeo indipendente da Washington (54%).

Il cambiamento è radicale soprattutto nei Paesi storicamente atlantisti come Danimarca, Regno Unito e Germania, dove si rafforza l’idea che l’Europa debba badare da sola alla propria sicurezza. È l’effetto combinato di tre fattori: l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, il ritorno di Trump e l’accresciuta paura di un conflitto nucleare globale.

L’Italia e l’Ungheria restano indietro

In questo panorama di risveglio strategico, Italia e Ungheria rappresentano le eccezioni. Mentre in molti Paesi europei cresce il favore verso una reintroduzione del servizio militare obbligatorio, la maggioranza degli italiani si oppone a un aumento delle spese per la difesa (57% contrari, solo il 17% favorevoli). Anche sull’arma nucleare, l’Italia resta cauta, mentre in Francia si registra addirittura una maggioranza favorevole all’ampliamento del proprio arsenale nucleare nazionale.

Fiducia nel cambiamento, ma dubbi sull’autonomia

Nonostante il nuovo attivismo, l’autonomia strategica europea non è percepita come un traguardo imminente. Solo in Danimarca e Portogallo circa metà della popolazione ritiene possibile un’Europa militarmente autonoma entro i prossimi cinque anni. In Italia e Ungheria, invece, prevale il pessimismo: oltre il 50% ritiene l’obiettivo “molto difficile” o “praticamente impossibile”.

In parallelo, domina lo scetticismo sulla capacità dell’Unione Europea di trasformarsi in una potenza globale in grado di competere con Stati Uniti e Cina. Undici su dodici Paesi interpellati dubitano fortemente di questa possibilità. Solo i danesi mostrano un certo ottimismo.

L’Ucraina come pilastro della nuova sicurezza

In uno scenario dominato da diffidenza verso Washington, l’Ucraina assume un ruolo centrale. Per la maggior parte degli europei, continuare a sostenere Kiev è il miglior modo per compensare un possibile ritiro degli Stati Uniti dalle garanzie militari. Anche in caso di abbandono americano, la maggioranza non intende ritirare il supporto a Kiev, né revocare le sanzioni alla Russia, né spingere per una resa territoriale da parte dell’Ucraina.

Il nuovo interventismo europeo nasce quindi da due fattori convergenti: l’aggressione russa e la sfiducia negli Stati Uniti. L’effetto è particolarmente visibile in Paesi come Germania, Regno Unito e Danimarca, dove le opinioni pubbliche — un tempo saldamente pro-americane — si sono spostate verso una linea più critica e indipendente.

Destra pro-Trump, sinistra anti-Trump: un continente polarizzato

Il ritorno di Trump ha ridisegnato anche la mappa ideologica del continente. I partiti di destra – da Fratelli d’Italia a Vox, passando per AfD, Fidesz e PiS – vedono oggi nell’America trumpiana un punto di riferimento. In passato l’ammirazione si rivolgeva alla Russia di Putin, oggi invece è il modello americano a catalizzare l’attenzione delle forze populiste e conservatrici, che spesso si sentono investite del compito di difendere Trump.

Al contrario, le forze centriste e progressiste, tradizionalmente vicine agli Stati Uniti, riscoprono la necessità di una autonomia europea. In Paesi come Germania, Francia e Regno Unito, l’anti-trumpismo diventa un fattore identitario e un collante politico. L’Unione Europea non è più divisa tra atlantisti e no, ma tra partiti pro-Trump e contro Trump.

Una rivoluzione silenziosa ma profonda

Secondo Mark Leonard, co-autore del rapporto ECFR, il trumpismo ha avuto sul continente europeo un effetto paragonabile a quello della Brexit: ha ristrutturato le alleanze ideologiche e accelerato l’evoluzione dell’Unione verso un soggetto più militarizzato e sovrano. I partiti di estrema destra non sono più semplicemente anti-sistema, ma parte di un’internazionale trumpiana. E quelli moderati riscoprono la difesa della sovranità europea come risposta al caos generato dalla nuova presidenza americana.

In definitiva, il secondo mandato di Donald Trump sta già trasformando l’equilibrio geopolitico europeo. Non con missili o trattati, ma con un’onda ideologica che attraversa governi e opinioni pubbliche, forzando l’Europa a una scelta: diventare adulta sul piano della sicurezza o restare prigioniera delle sue debolezze storiche.

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Ultimo Aggiornamento: 23/06/2025 09:57

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