
Il conflitto in Medio Oriente è entrato in una nuova, drammatica fase. Nelle ultime ore, mentre Israele e Iran continuano a scambiarsi missili a lungo raggio, e il presidente americano Donald Trump annuncia a sorpresa una tregua unilaterale, i segnali di escalation si fanno sempre più intensi e coinvolgono anche contingenti stranieri presenti nella regione.
All’alba di oggi, allarmi antiaerei sono risuonati nella base italiana Unifil di Shama, nel sud del Libano, dove operano i militari del nostro contingente sotto l’egida delle Nazioni Unite. L’allerta ha imposto l’immediata messa in sicurezza del personale: tutti nei rifugi interni, dotati di dispositivi di protezione individuale, senza però attivare — per ora — l’evacuazione nei bunker sotterranei. La corrispondente di guerra Silvia Mancinelli ha documentato in una videonews esclusiva per Mediaset il momento esatto in cui gli allarmi hanno interrotto la quiete del campo.
Il fronte si allarga dunque anche al Libano meridionale, già epicentro delle tensioni tra Hezbollah — alleato strategico dell’Iran — e lo Stato ebraico. Proprio in queste ore, le forze israeliane hanno intensificato i bombardamenti in risposta ai razzi lanciati dal confine nord, temendo che le milizie sciite stiano preparando un’azione coordinata su più fronti.
Donald Trump, dal canto suo, ha annunciato una tregua “condizionata” per permettere la consegna di aiuti umanitari e la protezione dei civili. Ma si tratta di un cessate il fuoco unilaterale, non negoziato con Teheran, e accolto con scetticismo tanto da Netanyahu quanto dai vertici dei Pasdaran. “La tregua è una farsa — ha dichiarato un portavoce militare iraniano — mentre le vostre bombe colpiscono le nostre città e i nostri aeroporti”.
La tensione internazionale resta dunque altissima. Gli Stati Uniti, dopo aver bombardato tre siti nucleari iraniani, hanno promesso di non proseguire se l’Iran cesserà le ostilità. Ma Teheran risponde rilanciando: “Siamo pronti a chiudere lo Stretto di Hormuz, cruciale per i traffici petroliferi mondiali”.
Nel frattempo, la diplomazia è al lavoro. Mosca, Pechino e Bruxelles provano a scongiurare l’allargamento del conflitto, ma la crisi ha ormai valicato i confini regionali. Anche le basi italiane e occidentali dislocate tra Iraq, Libano, Siria e Golfo Persico sono state poste in stato di massima allerta.
Nel cuore di questo scenario esplosivo, anche l’Italia è chiamata a misurare il peso della propria presenza militare. E i segnali — come quelli partiti dalla base di Shama — ci dicono che il Medio Oriente è ancora sull’orlo del baratro.