
La situazione geopolitica internazionale si fa ogni giorno più complessa, con focolai di guerra e di conflitto che si espandono in varie zone del mondo. L’attacco di Israele e Stati Uniti all’Iran ha ulteriormente sconvolto il quadro, e ha momentaneamente messo in secondo piano il conflitto in Ucraina.
Ci ha pensato Zelensky a riportare l’attenzione su ciò che sta accadendo nell’Est Europa, e lo ha fatto lanciando un monito di quelli che pesano, e occupano l’attenzione e le scrivanie di generali e governi europei. Il presidente dell’Ucraina, infatti, torna a scuotere l’Occidente alla vigilia del vertice dell’Alleanza Atlantica all’Aja: secondo lui, Mosca potrebbe lanciare un’offensiva diretta contro un Paese Nato entro il 2030.
Il tempo gioca per Mosca
Intervistato da Sky News, Zelensky non ha usato giri di parole: “A mio avviso è un processo lento perché crediamo che a partire dal 2030 Putin potrà avere capacità significativamente maggiori“. Tradotto: finché la guerra d’Ucraina tiene impegnato il Cremlino, il pericolo resta contenuto; ma se Kiev dovesse cadere o perdere peso strategico, l’esercito russo avrebbe fiato, mezzi e uomini per guardare più a Ovest.

Oggi l’Ucraina blocca la Russia, ha aggiunto il leader ucraino, e in questo modo “Putin non ha tempo di addestrare l’esercito, e vengono tutti annientati sul campo di battaglia”. Zelensky sa bene che la sua resistenza è di fatto un cuscinetto che protegge i confini dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica, ma pretende che questo sforzo sia riconosciuto con più armi, più risorse e soprattutto garanzie vere.
Spese militari: il 5% potrebbe non bastare
E qui arriva la stoccata finale: secondo Zelensky, il nuovo target di spesa militare fissato dalla Nato – il famigerato 5% del Pil che già fa tremare i bilanci europei – potrebbe non bastare a fermare un Cremlino più potente e aggressivo nei prossimi anni. Una posizione che alimenta tensioni dentro l’Alleanza: molti governi faticano già a digerire l’aumento al 2%, figurarsi triplicarlo.
Il messaggio di Kiev è chiaro: ogni euro speso oggi per sostenere l’Ucraina è un missile in meno puntato domani sulle capitali occidentali. E se Mosca dovesse riprendere slancio, nessun confine sarà abbastanza lontano per sentirsi al sicuro.