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Italia, il 5% del Pil alla spesa militare costerebbe 40 miliardi ogni anno

Pubblicato: 25/06/2025 17:13

Quando si parla di difesa comune, di alleanze strategiche e di sicurezza globale, la domanda centrale resta sempre la stessa: quanto ci costa? E ora, con il nuovo obiettivo fissato dalla Nato – 5% del Pil entro il 2035 per ogni Paese membro – per l’Italia si profila un solo scenario: una manovra economica aggiuntiva. Ogni anno.

Tradotto: 35-40 miliardi di euro in più da trovare ogni dodici mesi, a parità di condizioni macroeconomiche. Una cifra che impone, già oggi, una riflessione severa su quale Paese vogliamo diventare e su quali settori siamo disposti a sacrificare per restare nel cuore dell’Alleanza Atlantica.

Numeri e realtà: da dove partiamo

Nel 2024 l’Italia ha investito l’1,6% del Pil in spese militari, pari a poco più di 33 miliardi. Una cifra che include non solo il bilancio del Ministero della Difesa, ma anche risorse provenienti da altri dicasteri come Infrastrutture, Economia, nonché porzioni delle spese per Guardia Costiera e Protezione Civile. Con un cambio di calcolo contabile, un allargamento delle voci considerate “difesa”, l’Italia riuscirà a raggiungere il 2% già nel 2025.

Ma dal 2% al 5% la distanza è abissale. E soprattutto va capita la composizione di questo 5%: il 3,5% destinato alle spese militari tradizionali (armi, equipaggiamento, missioni, munizioni) e l’1,5% alla cosiddetta “sicurezza allargata”, ovvero tecnologie dual use, personale, emergenze ambientali, cybersicurezza, e parte delle spese civili con impiego militare.

Le scelte (politiche) che nessuno vuole fare

Raddoppiare la spesa militare senza aumentare il debito pubblico, come vincolano Bruxelles e i mercati, significa trovare ogni anno 30-40 miliardi da qualche altra parte. Quindi non si scappa, le soluzioni sono solo due: o alzare le tasse o tagliare altre spese. Non esistono terze vie.

Il governo italiano, almeno nei documenti tecnici, ha previsto un aumento graduale: 3,2-3,5 miliardi in più ogni anno fino al 2035. Ma si tratta di una traiettoria che presuppone continuità politica, cosa che in Italia è tutt’altro che garantita. Le difficoltà di oggi vengono spesso lasciate al governo successivo, che dovrà far quadrare i conti con meno margini e più pressioni.

Tra vincoli e dubbi: la sfida per l’Italia

Il nuovo impegno Nato ha una sua logica, certo. In un mondo instabile, con conflitti crescenti e minacce ibride (cyber, disinformazione, guerre asimmetriche), rafforzare la spesa per la difesa può essere necessario. Ma per un Paese con un debito al 140% del Pil e un sistema sanitario sottofinanziato, ogni miliardo conta. E ogni decisione è una scelta di campo.

L’Italia dovrà decidere se essere alleata credibile ma costretta a sacrifici sociali, o partner più prudente, consapevole però di non poter reggere una doppia linea di spesa pubblica. I numeri sono chiari. A renderli sostenibili dovranno essere le scelte politiche. Che non andranno necessariamente in una sola direzione, perché tagliare un Welfare già debole e impoverito potrebbe portare a disagi sociali enormi.

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Ultimo Aggiornamento: 25/06/2025 18:06

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