
Il vertice Nato dell’Aia si è concluso con una dichiarazione chiara: la sicurezza dell’Alleanza passa da un rafforzamento significativo delle capacità difensive e da un impegno politico rinnovato verso l’Ucraina, pur con alcune ambiguità. In un contesto segnato dall’intensificarsi degli attacchi russi su Kiev — con decine di vittime e infrastrutture civili colpite — i leader dei 32 Paesi membri hanno adottato una linea di fermezza, senza però sbilanciarsi sul futuro ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica.
A dominare la scena è stata la proposta di destinare il 5% del PIL alla difesa entro il 2035, un obiettivo che rappresenta un salto di scala rispetto al precedente target del 2%. È stata una vittoria politica per Donald Trump, che ha rivendicato questo traguardo come risultato della propria pressione sugli alleati. Mark Rutte, nuovo segretario generale della Nato, ha lodato apertamente il ruolo dell’ex presidente statunitense, parlando di “fondamenta per un’Alleanza più forte e più equa”.
Il sostegno all’Ucraina è stato uno dei temi centrali, anche se il vertice si è guardato bene dal formalizzare nuovi impegni finanziari. Il documento finale non menziona più i 40 miliardi di euro annui decisi a Washington nel 2023 e parla genericamente di un “impegno sovrano” degli Stati membri. Inoltre, nessun accenno al percorso di adesione di Kiev, che era stato definito “irreversibile” l’anno scorso, segna un cambio di tono e un approccio più prudente.

Tuttavia, il sostegno politico resta solido. Rutte ha ribadito che la Nato “continuerà ad accompagnare l’Ucraina nel suo inevitabile cammino verso l’adesione”, mentre Trump ha confermato l’impegno degli Stati Uniti all’Articolo 5 del Trattato di Washington: “Un attacco a uno è un attacco a tutti”. Il principio della difesa collettiva è stato ribadito con forza nella dichiarazione congiunta, in un momento in cui le tensioni con Mosca sono nuovamente alle stelle.
Lo stesso Rutte ha definito Vladimir Putin una minaccia strategica a lungo termine, sottolineando che la Russia resta il principale fattore di instabilità nello spazio euro-atlantico. Un segnale che l’Alleanza guarda a Mosca non solo come nemico attuale in Ucraina, ma come attore ostile da contenere nel lungo periodo. L’assenza di una definizione netta dell’aggressione russa come “guerra di invasione” segnala però la volontà di mantenere margini diplomatici.
Nel frattempo, Zelensky ha avuto colloqui a margine del vertice con diversi leader occidentali e, secondo Kiev, anche con Donald Trump. Il presidente ucraino ha ricevuto una promessa concreta dal neo-premier britannico Keir Starmer, che per la prima volta utilizzerà fondi congelati a oligarchi russi per finanziare l’acquisto di armamenti destinati all’Ucraina. Un passo che potrebbe aprire la strada ad analoghe iniziative in altri Paesi.

Sul piano organizzativo, il vertice ha deciso le sedi dei prossimi incontri: nel 2026 in Turchia, poi in Albania, segnali della volontà di coinvolgere più attivamente l’area sud-orientale dell’Alleanza. Nel frattempo, la decisione di rafforzare le industrie della difesa nei Paesi membri è stata presentata non solo come una misura di sicurezza, ma anche come opportunità di sviluppo economico e occupazionale.
In conclusione, il vertice dell’Aia ha rilanciato la centralità della Nato come pilastro di sicurezza collettiva, ma ha anche mostrato i limiti di un consenso ancora fragile su come affrontare l’espansione russa e sostenere pienamente l’Ucraina. L’impegno sul 5% del PIL rappresenta una svolta storica, ma resta da vedere quanti Paesi saranno realmente in grado di onorarlo entro il 2035. Nel frattempo, sul campo, la guerra continua.