
Fino a pochi giorni fa, chiunque avesse cercato un’immagine recente di Volodymyr Zelensky si sarebbe trovato di fronte a un’uniforme informale: felpe kaki, pantaloni cargo, magliette tecniche senza stemmi di Stato, e ai piedi scarponi da combattimento. Nessuna giacca, nessuna cravatta. Una dichiarazione politica, più che estetica, reiterata con metodo: sono in guerra, e vesto di conseguenza.
In questi ultimi giorni, però, qualcosa è cambiato. Il presidente ucraino si è presentato al vertice della NATO all’Aia e durante il successivo incontro con Donald Trump indossando una giacca nera dal taglio asciutto, militare ma elegante, abbinata a una camicia senza cravatta e a un paio di scarpe ibride tra sneaker e stivali. Il colore resta quello della battaglia, ma la forma si fa più istituzionale. È il linguaggio delle immagini a parlare, prima ancora delle parole.

Un compromesso che parla a tutti
Non è un ritorno al completo da presidente, né una svolta verso il look “da parata”. È piuttosto un aggiustamento simbolico, una via di mezzo tra la coerenza narrativa del comandante in trincea e le esigenze di un leader che deve sedersi ai tavoli dove si decidono le sorti della guerra e della pace.
Zelensky ha detto tempo fa: “Indosserò di nuovo il completo solo quando la guerra sarà finita”. Ma il contesto cambia. In una fase in cui l’appoggio degli alleati occidentali — soprattutto statunitensi — non è più scontato, anche il tessuto di una giacca può diventare una leva diplomatica. Non è solo estetica: è diplomazia visiva.
La moda come segnale geopolitico
Nel mondo della comunicazione contemporanea, dove ogni frame viene sezionato, ogni fotografia diventa notizia. E così la giacca nera di Zelensky finisce nelle gallery delle testate americane, nei tweet ironici dell’estrema destra, ma anche nelle letture più attente dei commentatori d’immagine.
È un capo ibrido: né divisa né tailleur. Una giacca con tasche visibili e tessuto tecnico, che richiama l’abbigliamento tattico ma lo raffina. Non si tratta solo di marketing o di moda, ma di un messaggio: resto in guerra, ma parlo da uomo di Stato. Resto soldato, ma anche stratega.

Il corpo del leader come racconto
Nel caso di Zelensky, l’abbigliamento è biografia incarnata. Ex attore, consapevole della forza delle immagini, ha costruito attorno a sé una figura coerente con il momento storico. Ha rinunciato agli abiti da cerimonia e al formalismo istituzionale per diventare simbolo di un Paese sotto assedio. Ora, il suo corpo racconta una nuova fase: la diplomazia non è pace, ma ne è la premessa.
La giacca nera non è il ritorno alla normalità, ma un gesto d’apertura. Parla al Congresso americano, agli alleati europei, a chi chiede impegno ma anche sobrietà. Non è moda: è strategia culturale. Un linguaggio silenzioso che prova a tenere insieme l’urgenza del conflitto e la necessità di una tregua.
Zelensky non ha cambiato divisa. L’ha solo stirata.