Vai al contenuto

Incendio devastante, nave enorme affonda in pieno oceano: VIDEO da brividi 

Pubblicato: 26/06/2025 19:15
nave piena di veicoli affonda

Un silenzio irreale avvolgeva la distesa d’acqua, rotto solo dal fruscio del vento e dal lamento delle onde. Sotto la superficie, a cinquemila metri di profondità, giaceva il relitto contorto di un gigante d’acciaio, la sua stiva un sepolcro per migliaia di veicoli e tonnellate di combustibile. Per quasi tre settimane, la speranza aveva tenuto a galla la carcassa fumante, un faro di disperazione che bruciava contro il cielo plumbeo. Ma le fiamme, nate da un insidioso nemico tecnologico, avevano avuto la meglio. Il 23 giugno 2025, alle 16:35, l’agonia della nave car carrier Morning Midas si è conclusa nelle acque internazionali del Pacifico settentrionale, a 360 miglia nautiche dalla terraferma, un epilogo amaro di una battaglia impari.

Quella battaglia era iniziata il 3 giugno, un’odissea di fuoco e fumo in un tratto di mare sperduto. La Morning Midas, un colosso di 183 metri e 46.800 tonnellate di stazza lorda, varata nel 2006, era un simbolo della globalizzazione, un ponte galleggiante tra i continenti. Partita il 26 maggio 2025 dal porto cinese di Yantai con destinazione Lázaro Cárdenas, in Messico, avrebbe dovuto consegnare il suo prezioso carico di 3.048 veicoli, tra cui 70 auto elettriche e 681 ibride, entro il 15 giugno. Invece, alle 14:00 del 3 giugno, a circa 300 miglia nautiche a sud-ovest dell’isola di Adak, in Alaska, l’equipaggio aveva avvistato del fumo provenire da uno dei ponti dove erano stivati proprio i veicoli elettrici. Un presagio inquietante di ciò che sarebbe accaduto.

L’origine infernale: l’incendio delle batterie al litio

L’allarme lanciato a bordo della Morning Midas segnò l’inizio di un calvario. I marittimi, addestrati per affrontare ogni evenienza, attivarono immediatamente le procedure di emergenza antincendio, impiegando i sistemi di soppressione a CO2 di cui la nave era dotata. Ma il nemico, invisibile e insidioso, si rivelò subito più potente del previsto. Il fuoco, alimentato dalle batterie agli ioni di litio dei veicoli elettrici, si dimostrò particolarmente ostinato, riaccendendosi con virulenza non appena il sistema di soppressione esauriva la sua carica. Un comportamento tristemente noto agli esperti, che ben conoscono la natura implacabile degli incendi innescati da questo tipo di batterie, quasi impossibili da domare con i mezzi tradizionali. Nonostante gli sforzi eroici dell’equipaggio, le fiamme divennero rapidamente incontrollabili, costringendo il capitano a prendere la difficile e dolorosa decisione: abbandonare la nave.

Un salto nel vuoto: l’evacuazione miracolosa

La sicurezza dei 22 membri dell’equipaggio divenne la priorità assoluta. In un’operazione di salvataggio orchestrata con precisione e coraggio, tutti i marittimi riuscirono a evacuare la nave utilizzando una scialuppa di salvataggio. La Guardia Costiera statunitense, prontamente allertata da un Urgent Marine Information Broadcast, mobilitò ogni risorsa disponibile, inviando un aereo C-130J Super Hercules dalla stazione di Kodiak e un elicottero MH-60T Jayhawk. Tre mercantili nelle vicinanze risposero all’appello, e fu proprio l’equipaggio della portacontainer Cosco Hellas a trarre in salvo i naufraghi. Miracolosamente, nessun marittimo rimase ferito, un’oasi di speranza in un mare di disperazione.

La lunga agonia: tra tentativi di recupero e forze avverse

Con l’equipaggio in salvo, la Morning Midas rimase alla deriva, un gigantesco rogo galleggiante nel Nord Pacifico. Le fiamme continuavano a propagarsi inarrestabili attraverso i ponti del veicolo, divorando ogni cosa al loro passaggio. La Zodiac Maritime, la società londinese che gestiva la nave con bandiera liberiana per conto della cinese Saic Anji Logistics, in collaborazione con la Guardia Costiera degli Stati Uniti, chiamò in causa la Resolve Marine, una delle più prestigiose società di salvataggio marittimo, per guidare le operazioni di recupero e antincendio.

Il 6 giugno, il rimorchiatore Gretchen Dunlap partì da Dutch Harbor con a bordo specialisti e attrezzature all’avanguardia. Impiegò quasi sei giorni per raggiungere la nave alla deriva, a causa della posizione remota dell’incidente, una testimonianza della vastità e della solitudine di quelle acque. L’11 giugno, gli specialisti a bordo della Gretchen Dunlap riuscirono a collegare un cavo di rimorchio alla Morning Midas, un tentativo disperato di stabilizzare la posizione e controllare il movimento della nave. Ma l’intensità dell’incendio e i gas tossici rendevano ogni azione quasi impossibile.

Il 15 giugno, la speranza si riaccese con l’arrivo del Garth Foss, un secondo rimorchiatore specializzato dotato di capacità antincendio avanzate. Le prime valutazioni degli specialisti della Resolve Marine furono incoraggianti: le scansioni termiche e le ispezioni visive non mostravano segni di incendio attivo a bordo. Il cavo di rimorchio fu trasferito al Garth Foss, nell’attesa dell’arrivo di un terzo rimorchiatore con capacità di traino a lunga distanza.

Tuttavia, le immagini dei sorvoli effettuati dalla Guardia Costiera raccontavano una storia diversa e drammatica. I danni strutturali alla nave erano catastrofici, con il fuoco che aveva attraversato l’intera lunghezza della Morning Midas, dalla prua alla poppa e dall’alto al basso, devastando più ponti auto e causando danni evidenti allo scafo. Il soccorso fu ulteriormente complicato dalle condizioni meteorologiche avverse: venti di 45-50 nodi e onde di circa 1,8 metri sferzavano incessantemente il relitto. Gli esperti marittimi avevano già avvertito che il maltempo avrebbe potuto essere un fattore chiave per il destino della nave danneggiata, paventando lo spostamento dei componenti bruciati all’interno, con conseguente inclinazione e, infine, l’affondamento. Un’amara premonizione che si concretizzò il 23 giugno.

Un precedente sconvolgente e un allarme per il futuro

L’affondamento della Morning Midas non è un incidente isolato, ma si inserisce in una serie preoccupante di eventi. Nel 2022, la nave Felicity Ace affondò nell’Oceano Atlantico dopo un incendio durato quasi due settimane, portando alla perdita di circa 4.000 veicoli di lusso. Questo tragico evento fu un campanello d’allarme che, evidentemente, non è bastato. Negli ultimi dieci anni, si sono verificati tredici incendi gravi su navi car carrier, con due affondamenti e sei perdite totali. Tre di questi incidenti hanno causato la morte di sei marittimi e due portuali.

Questi numeri dipingono un quadro allarmante, ponendo interrogativi urgenti sulla sicurezza del trasporto di veicoli, in particolare quelli elettrici e ibridi, con batterie agli ioni di litio che, se danneggiate, possono innescare incendi di difficile gestione. L’affondamento della Morning Midas, con il suo carico di 350 tonnellate di gasolio e 1.530 tonnellate di olio combustibile a basso tenore di zolfo adagiato a cinquemila metri di profondità, rappresenta anche una potenziale minaccia ambientale a lungo termine, sebbene la profondità renda molto difficili eventuali operazioni di recupero. Due rimorchiatori di salvataggio, dotati di attrezzature per il controllo dell’inquinamento, sono rimasti sul posto come misura precauzionale, a testimonianza di una preoccupazione che va ben oltre la perdita economica.

Cosa si può fare per prevenire future tragedie e proteggere i nostri oceani da simili disastri? È necessario ripensare le normative e le procedure di sicurezza nel trasporto marittimo di veicoli elettrici?

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure