
Una grande vittoria e una finestra di opportunità che non possiamo permetterci di perdere. Benjamin Netanyahu, in un messaggio video appena diffuso in ebraico, torna a parlare dopo l’offensiva militare lanciata da Israele, con il sostegno diretto degli Stati Uniti, contro l’Iran. Parole che oscillano tra trionfalismo e diplomazia, in un momento di grande instabilità in Medio Oriente.
«Il Signore darà forza al suo popolo, il Signore benedirà il suo popolo con la pace» ha dichiarato il premier, citando il Salmo 29. «Abbiamo combattuto con forza contro l’Iran e abbiamo ottenuto una grande vittoria. Questa vittoria apre un’opportunità storica per un’espansione significativa degli accordi di pace».
Il riferimento è chiaro: Netanyahu guarda agli Accordi di Abramo e ai potenziali nuovi partner arabi pronti a normalizzare le relazioni con Israele. Un’agenda diplomatica che potrebbe essere rilanciata proprio sull’onda dell’intervento congiunto con Washington, che ha colpito nelle ultime ore obiettivi strategici sul suolo iraniano, tra cui siti nucleari, basi militari e aeroporti.
Ostaggi e Hamas, le altre priorità
Ma il premier israeliano non si limita alla politica estera. Nel suo video ribadisce anche gli obiettivi interni: «La liberazione dei nostri ostaggi e la sconfitta di Hamas», sottolineando che le operazioni militari nella Striscia di Gaza proseguiranno fino al completo smantellamento dell’organizzazione.
“Non possiamo sprecare nemmeno un solo giorno”, ha detto con fermezza, evocando l’urgenza del momento. Israele, infatti, si muove su un doppio binario: da un lato il consolidamento del fronte interno, con la sicurezza al centro dell’agenda; dall’altro, il tentativo di capitalizzare sul piano geopolitico regionale una fase favorevole, grazie anche al supporto militare e politico dell’amministrazione americana.
Una regione sull’orlo del baratro
Le parole di Netanyahu arrivano mentre in tutto il Medio Oriente permane un clima di tensione altissima. Lo scontro diretto tra Israele e Iran ha riportato la regione sull’orlo di un nuovo conflitto su larga scala. Le reazioni di Paesi come Turchia, Arabia Saudita, Egitto, Pakistan ed Emirati oscillano tra la prudenza diplomatica e la preoccupazione strategica.
Nel frattempo, il premier israeliano sembra voler disegnare un nuovo equilibrio regionale in cui Israele, rafforzato dalla “vittoria” sull’Iran, possa rilanciare il suo ruolo come potenza stabilizzatrice e interlocutore imprescindibile. Ma tra minacce di ritorsioni, venti di guerra e l’ombra sempre presente dell’instabilità, la strada verso una vera “pace storica” resta tutta da percorrere.