
Un episodio di inaudita violenza ha scosso l’aeroporto Sheremetyevo di Mosca lo scorso 23 giugno, quando un bambino di soli 18 mesi è stato brutalmente aggredito, subendo gravissime lesioni.
Vladimir Vitikov, un cittadino bielorusso di 31 anni, è stato immediatamente arrestato con l’accusa di tentato omicidio di minore, un crimine che, secondo il codice penale russo, potrebbe costargli fino a 15 anni di reclusione. Attualmente, Vitikov rimarrà in custodia cautelare per due mesi in attesa del processo.
La dinamica dell’aggressione e le gravi conseguenze per il bambino
Le indagini hanno ricostruito un quadro agghiacciante degli eventi. L’uomo, trovandosi nella zona arrivi dell’aeroporto di Sheremetyevo, avrebbe afferrato il piccolo, che si era allontanato dalla sua famiglia, in fuga dalla guerra in Iran. Con una forza inaudita, Vitikov avrebbe sollevato il bambino per poi scaraventarlo violentemente a terra, colpendolo alla testa. Le conseguenze per il minore sono state drammatiche: un trauma cranico e varie fratture, che lo hanno costretto a essere indotto in coma farmacologico, dove tuttora versa in gravi condizioni.

Il profilo dell’aggressore: tra dipendenza e circostanze sconosciute
Durante l’interrogatorio, Vladimir Vitikov non è stato in grado di fornire una spiegazione plausibile per il suo gesto efferato, attribuendo il tutto a uno stato di profonda alterazione dovuto all’assunzione di alcol e droga. Ha dichiarato di aver consumato sostanze stupefacenti e bevuto tre bottiglie di whisky prima dell’aggressione. Gli esami del sangue hanno successivamente confermato la presenza di entrambe le sostanze nel suo organismo.
I media locali hanno fornito ulteriori dettagli sul profilo del 31enne. Vitikov, con un passato segnato da precedenti penali legati alla droga e ricoveri per dipendenza, era di ritorno dall’Egitto, dove lavorava come operaio edile e dove pare avesse perso il lavoro a causa di “intemperanze”. Si trovava al ritiro bagagli del Terminal C al momento dell’arresto. A casa, ad attenderlo, vi sono una moglie e due figlie piccole, la cui vita è stata sconvolta da questo tragico evento.
Dubbi e contraddizioni: la versione dei parenti e il comportamento a bordo
La vicenda si arricchisce di dettagli complessi e, a tratti, contraddittori, che gettano luce sul contesto psicologico dell’aggressore. I parenti di Vitikov hanno fornito una prospettiva differente, suggerendo che l’uomo fosse in preda a un forte disagio. Hanno rivelato di un litigio tra Vitikov e sua moglie, seguito dall’assunzione di droghe che lo avrebbe reso “impazzito”. “Per tre giorni, il padre di Vladimir ha continuato a chiamarci, chiedendoci se potevamo andare a Mosca e incontrarlo all’aeroporto. Ma era impossibile,” hanno raccontato ai giornali locali. La loro interpretazione del video dell’aggressione è particolarmente toccante: “Abbiamo visto questo video molte volte: sembra che non volesse toccare il bambino. Voleva lanciare la valigia ma era in condizioni pessime.” Questa versione suggerisce un tentativo di giustificare, o almeno contestualizzare, un gesto altrimenti inspiegabile, attribuendolo a uno stato di alterazione mentale estrema piuttosto che a una premeditazione.
Anche i passeggeri del volo su cui Vitikov è arrivato hanno notato il suo comportamento insolito già a bordo. Hanno descritto un uomo irrequieto, che si muoveva continuamente per la cabina e che ha persino tentato di accedere alla prima classe.

Il controllo dei passeggeri: una questione aperta
Un aspetto cruciale che emerge da questa drammatica vicenda riguarda i protocolli di sicurezza aeroportuali. Gli addetti del servizio di sicurezza dell’aeroporto di Sheremetyevo hanno spiegato che Vitikov non è stato sottoposto a nessun controllo approfondito poiché i passeggeri in arrivo non sono soggetti alle stesse procedure di screening dei passeggeri in partenza. A loro dire, prima dell’aggressione al minore, l’uomo non mostrava segni evidenti di squilibrio che avrebbero richiesto un intervento immediato.
Questo solleva interrogativi importanti sulla capacità dei sistemi di sicurezza aeroportuale di identificare e intervenire su individui che, pur non rappresentando una minaccia terroristica classica, possono manifestare comportamenti pericolosi a causa di alterazioni psicofisiche. L’episodio di Sheremetyevo evidenzia la necessità di una riflessione sulle procedure di monitoraggio e intervento, soprattutto in contesti ad alta affluenza come gli aeroporti, dove la sicurezza e l’incolumità dei passeggeri devono essere la priorità assoluta.