
Un’affermazione che ha fatto rumore, quella pronunciata dal deputato di Fratelli d’Italia Galeazzo Bignami, durante la trasmissione televisiva Dritto e Rovescio, condotta da Paolo Del Debbio. Un intervento che ha innescato immediate reazioni e sollevato nuove polemiche nel già teso panorama politico italiano. L’esponente della maggioranza ha rivolto un durissimo attacco ad alcuni manifestanti, accusandoli di disprezzare i valori italiani e spingendosi a evocare un confronto con realtà oppressive come Teheran, Hezbollah e Hamas.
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Nel cuore della sua invettiva, il deputato ha evocato l’idea di “mandare qualcuno di quei signori a manifestare a Teheran”, suggerendo che il confronto con regimi autoritari potrebbe insegnare loro il valore delle libertà democratiche garantite in Italia. Parole che non sono passate inosservate e che alimentano una narrazione politica in cui la contrapposizione tra “patrioti” e “nemici interni” viene spinta ai massimi livelli.
Un attacco che fa discutere
Durante l’intervento in studio, Bignami ha sottolineato che chi manifesta contro le istituzioni italiane “si vergogna di essere italiano” e “non rispetta i nostri valori di libertà e democrazia”. Ha quindi proseguito: “Io francamente manderei qualcuno di quei signori a manifestare a Teheran, con Hezbollah, con Hamas, con quella gente lì. E, se tornano – e io non credo che tornino – magari amano un po’ di più la propria patria”.
Un passaggio retorico che intendeva sottolineare, nelle parole del deputato, la superiorità del sistema democratico occidentale rispetto a contesti autoritari. Ma il tono, lo stile e il contenuto dell’affondo hanno polarizzato il dibattito, lasciando aperti interrogativi sulla legittimità di certi linguaggi nella comunicazione politica istituzionale.

Il richiamo ai “valori italiani”
Secondo Bignami, la libertà di critica e manifestazione sarebbe garantita proprio da quegli stessi valori italiani che, a suo dire, alcuni manifestanti non riconoscerebbero o addirittura disprezzerebbero. “Se possono legittimamente dire quello che pensano – ha detto il deputato – è proprio perché noi garantiamo quei valori”. L’accusa è quindi di ipocrisia, rivolta a una parte dell’opinione pubblica che si esprimerebbe contro le istituzioni italiane pur beneficiando del contesto democratico.
Parole che rientrano in una più ampia retorica identitaria e sovranista, che tende a delegittimare la protesta come espressione di dissenso, trasformandola in sospetta ostilità verso la nazione stessa. In questa cornice, l’amore per la patria non è compatibile con la contestazione pubblica: una posizione che però entra in tensione con il principio costituzionale di libertà di espressione.
Le reazioni politiche e sociali
L’intervento di Bignami ha provocato reazioni immediate, soprattutto da parte delle opposizioni e di vari osservatori civili. Molti hanno sottolineato come l’accostamento tra cittadini italiani manifestanti e organizzazioni come Hezbollah o Hamas sia un’iperbole pericolosa, che alimenta una narrazione di nemicizzazione dell’altro all’interno del dibattito pubblico.
Allo stesso tempo, i riferimenti a Teheran – capitale dell’Iran degli ayatollah – evocano un sistema dove i diritti civili e le libertà politiche sono fortemente limitati. In quel contesto, il dissenso è spesso represso con la forza, e le manifestazioni contro il regime portano a arresti arbitrari, violenze e in molti casi condanne a morte. Per questo, il parallelo tracciato da Bignami tra i contestatori italiani e le realtà mediorientali è stato visto da molti come strumentale e divisivo.
Pace e #riarmo, Galeazzo Bignami: "Io manderei uno di quei signori a manifestare a Teheran"
— Dritto e rovescio (@Drittorovescio_) June 26, 2025
Ora a #DrittoeRovescio in diretta su #Rete4 pic.twitter.com/lK2d4PcGgy
La linea di Fratelli d’Italia sulla protesta
L’intervento si inserisce nel solco di una più ampia posizione assunta da Fratelli d’Italia, il partito guidato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che negli ultimi mesi ha spesso stigmatizzato varie forme di protesta – dai cortei studenteschi alle mobilitazioni sindacali – come atti di delegittimazione dello Stato. Il riferimento di Bignami non è esplicitamente legato a un evento preciso, ma rientra in un clima in cui la narrazione del “nemico interno” appare funzionale a consolidare il consenso tra l’elettorato più radicale.
In questo quadro, le parole del deputato non sembrano casuali ma parte di una strategia comunicativa più ampia, che mira a ridurre lo spazio della critica pubblica e a spingere per una lettura binaria della realtà politica: da una parte i “patrioti”, dall’altra chi non si riconosce nel progetto nazionale così come viene definito dalla maggioranza.
La posta in gioco: libertà o appartenenza?
Il dibattito aperto dalle parole di Bignami non è solo politico, ma anche culturale. Si tratta di capire se in Italia sia ancora possibile dissentire apertamente senza essere etichettati come traditori, se l’amore per la propria patria possa manifestarsi anche nella critica, e se la democrazia sia davvero tale quando si contempla solo l’adesione.
La libertà di espressione, come sancita dalla Costituzione, non è condizionata dall’identificazione con un’idea di patria univoca o con un partito. E se manifestare contro alcune scelte governative è considerato un esercizio di democrazia, l’uso di un linguaggio aggressivo da parte di un rappresentante delle istituzioni dovrebbe sollevare una riflessione collettiva. La dialettica politica non può trasformarsi in una lotta tra appartenenza e esclusione.