
A 18 anni dall’omicidio di Chiara Poggi, il caso di Garlasco torna improvvisamente al centro dell’attenzione giudiziaria. Dopo un processo lungo, complesso e segnato da innumerevoli colpi di scena, l’indagine riaperta nei mesi scorsi potrebbe aver trovato un nuovo punto di svolta: alcuni oggetti potenzialmente compatibili con l’arma del delitto sarebbero stati consegnati direttamente ai carabinieri da un supertestimone. A riferirlo, nelle ultime ore, sono fonti convergenti citate da La Repubblica.
Si tratterebbe di un muratore egiziano, residente in zona, che avrebbe raccolto i reperti anni fa, prima che il canale noto come roggia di Tromello venisse dragato. Tra gli oggetti consegnati figurerebbero un martello, un attizzatoio, una mazzetta e una piccozza, elementi che potrebbero essere compatibili con le ferite riscontrate sul corpo di Chiara Poggi. Gli inquirenti sono ora impegnati a stabilire se uno o più di questi strumenti possa davvero essere stato utilizzato per colpire la giovane, trovata senza vita nella villetta di famiglia il 13 agosto 2007.
Continuano gli accertamenti nell’incidente probatorio
Il nuovo filone investigativo è stato aperto nel quadro di un incidente probatorio ancora in corso, strumento ritenuto necessario dai magistrati per cristallizzare gli esiti delle analisi tecniche su reperti che, per anni, erano rimasti nell’ombra. In particolare, ora l’attenzione si concentra sulle impronte digitali: secondo quanto riportato da Il Corriere della Sera, i prossimi esami riguarderanno il possibile confronto tra impronte latenti e profili già noti alla giustizia.
Uno dei passaggi chiave sarà rappresentato dai 34 fogli di acetato che, dal giorno del delitto, hanno conservato le tracce di dita e palmi delle mani repertate all’interno dell’abitazione di via Pascoli. Saranno proprio questi fogli a essere sottoposti a nuove indagini, grazie alle più moderne tecnologie in dotazione ai laboratori forensi. Il lavoro sarà affidato a due periti nominati dal tribunale, cui è stato richiesto di verificare la presenza di impronte latenti anche su alcuni degli oggetti trovati nella pattumiera otto mesi dopo il delitto.

Focus sul materiale biologico e i risultati del Dna
Parallelamente alle analisi dattiloscopiche, proseguono le attività di verifica sul materiale biologico già acquisito nei mesi scorsi. Gli accertamenti stanno riguardando in particolare i resti della colazione consumata da Chiara Poggi la mattina del delitto. I primi risultati dei tamponi, eseguiti su piattino, linguette di due Fruttolo, busta dei cereali e sacchetto della spazzatura, avrebbero confermato la presenza del Dna della vittima.
Diversa, invece, la posizione del materiale repertato sulla cannuccia di un Estathé, dove sarebbe stato riscontrato il profilo genetico di Alberto Stasi, ex fidanzato di Chiara Poggi e unico imputato del processo. Il match dovrà ora essere “consolidato” e ufficializzato nelle prossime settimane, secondo quanto previsto dal calendario delle operazioni peritali.
L’obiettivo degli inquirenti è duplice: da un lato verificare se le tracce biologiche possano offrire elementi utili per confermare o smentire la versione fornita da Stasi durante le fasi processuali; dall’altro, cercare possibili tracce di terzi soggetti che potrebbero aver frequentato la casa della vittima in prossimità dell’omicidio.

Un caso ancora senza un volto certo
La vicenda giudiziaria di Garlasco ha attraversato tre gradi di giudizio e una lunga sequenza di perizie e controperizie, con l’attenzione mediatica sempre altissima. Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per omicidio volontario nel 2015, dopo che la Corte d’Appello aveva ribaltato l’assoluzione pronunciata in primo grado. Tuttavia, il riemergere di nuovi elementi – e soprattutto la comparsa del supertestimone – getta nuovamente ombre sull’esito del processo e lascia intravedere scenari finora inesplorati.
L’ipotesi che gli oggetti consegnati ai carabinieri possano essere le vere armi del delitto apre inevitabilmente la strada a nuovi interrogativi. Perché non furono trovati all’epoca delle prime indagini? Chi li ha maneggiati? E, soprattutto, perché sono riemersi solo ora?
La risposta a queste domande, al momento, resta in sospeso. Ma se i risultati delle nuove analisi sulle impronte e sul Dna dovessero restituire dati incompatibili con le ricostruzioni sinora accertate, il rischio è che il caso Chiara Poggi sia destinato a entrare in una nuova, ulteriore fase giudiziaria. Una fase che potrebbe mettere in discussione verità già acquisite, o forse, nel migliore dei casi, aiutare finalmente a fare piena luce su uno dei casi di cronaca nera più controversi della storia giudiziaria italiana.