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L’uranio è sparito. I raid Usa non l’hanno trovato. L’Iran lo ha nascosto altrove

Pubblicato: 27/06/2025 07:06

Le immagini satellitari sono chiare: sedici camion, uno dietro l’altro, in fila davanti a uno degli ingressi della base nucleare di Fordow, scavata nelle viscere della montagna. Non è un dettaglio. È una prova. Un’indicazione che rafforza il sospetto già forte nelle cancellerie occidentali: il tesoro radioattivo dell’Iran, quei 408,6 chili di uranio arricchito al 60%, non era più lì al momento del bombardamento.

La conferma arriva anche da fonti d’intelligence europee, secondo cui la Repubblica islamica avrebbe trasferito il materiale in un sito sconosciuto prima dell’attacco statunitense. Il punto non è più se Fordow sia stata colpita duramente o no – per Trump è “annichilita”, per il Pentagono “danneggiata”, per Teheran “significativamente colpita” – ma dove si trovi ora l’uranio arricchito.

Il programma nucleare non è azzerato: centrifughe e scorte al sicuro

Secondo il Financial Times, il dossier sull’arricchimento iraniano è ora al centro di tensioni tra Casa Bianca, servizi segreti e analisti nucleari. Le sei bombe GBU-57 sganciate su Fordow non hanno alzato livelli anomali di radioattività nell’aria, altro indizio che il materiale era già stato evacuato. L’Aise, durante un’audizione al Copasir, ha confermato: le scorte sono rimaste intatte.

Jeffrey Lewis, esperto del Middlebury Institute of International Studies, spiega che l’Iran dispone di centrifughe attive anche in siti non noti e che mezza tonnellata di uranio al 60% rappresenta una base preziosa per l’arma nucleare. “Arrivare al 90% è un passaggio più rapido. Con 250 centrifughe bastano otto-dieci settimane”, chiarisce.

Le mosse di Teheran prima dell’attacco: nuovo sito segreto più profondo di Fordow

Due giorni prima del raid americano, Teheran aveva già avvisato l’Aiea dell’attivazione di “misure speciali” per proteggere materiali e impianti. E non è tutto: il 12 giugno, l’Iran ha notificato la creazione di un nuovo sito in un luogo non identificato della provincia di Isfahan, ancora più in profondità dei 90 metri di Fordow. Potrebbe estendersi per 10 mila metri quadrati, contenere centrifughe attive e depositi.

La lettera dell’Iran all’Aiea e le informazioni raccolte finora delineano una strategia di duplicazione e mimetizzazione. Gli impianti di Isfahan, già colpiti dai raid israeliani, non sembrano aver subito crolli strutturali nei tunnel più profondi. Intanto, dalla piattaforma Truth, Trump continua a sostenere che “l’uranio non è stato spostato”. Ma gli esperti lo smentiscono.

“Si può spostare anche con un’auto”: il parere degli analisti

“È falso dire che l’uranio è troppo pesante o pericoloso da spostare”, ribatte Lewis. “Viene continuamente trasportato da un impianto all’altro. È polvere, contenuta in cilindri di metallo che entrano nel bagagliaio di un’auto. E i pasdaran lo sanno bene”.

Il direttore dell’Aiea, Rafael Grossi, chiede invano di poter inviare ispettori nei nuovi siti. La chiusura iraniana è totale. E intanto Netanyahu fa sapere che il Mossad ha già “una pista interessante”. Non è solo una questione di controllo: Stati Uniti e Israele hanno posto come condizione preliminare per qualsiasi ritorno ai negoziati la restituzione dell’uranio.

Nessun dialogo con l’Aiea, ma nuove esecuzioni: l’Iran rilancia la sfida

La posizione di Teheran è netta: “Non torneremo al tavolo”. E mentre si allontana l’ipotesi di un rilancio del negoziato nucleare, sul fronte interno l’Iran intensifica il controllo: arresti ed esecuzioni sono in aumento nelle province settentrionali.

Il “mistero del tredicesimo giorno”, come l’hanno già ribattezzato alcuni osservatori, lascia sul campo una domanda geopolitica pesante: quanto è lontana la bomba iraniana? Se davvero è stata messa in sicurezza, per Stati Uniti e Israele non ci sarà tregua.

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