
Il calendario dei lavori della Camera dei deputati rappresenta da sempre un terreno delicato. La distribuzione degli impegni d’aula segue equilibri politici, necessità istituzionali e logiche di rappresentanza. Ogni cambiamento può accendere polemiche e riflessioni, soprattutto se tocca giorni e orari considerati “deboli” dal punto di vista della partecipazione.
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Le sedute del venerdì mattina, generalmente dedicate alle interpellanze urgenti, costituiscono uno di questi momenti. Poco frequentate, spesso trascurate, ma formalmente importanti per il ruolo di controllo del Parlamento sull’esecutivo. Da anni si discute sul loro reale valore e sulla possibilità di riorganizzarle. La storia recente di Montecitorio ha già visto, in passato, modifiche simili.
Nel 2008, ad esempio, le interpellanze furono spostate al giovedì pomeriggio, con l’intenzione di razionalizzare il calendario senza intaccare le prerogative dei deputati. Una scelta poi rivista, che non ha mai spento il dibattito tra chi chiede più efficienza e chi difende il presidio parlamentare a oltranza.
Lo scontro tra Lega e Fratelli d’Italia

Il caso è esploso quando Luca Ciriani, ministro dei Rapporti con il Parlamento in quota Fratelli d’Italia, ha proposto di cancellare le sedute del venerdì mattina. Secondo Ciriani, si tratterebbe di un ritorno al passato, con l’obiettivo di ridare centralità alle interpellanze, assegnando loro uno spazio più dignitoso e partecipato, appunto il giovedì pomeriggio.
Ma già mercoledì scorso, alla riunione dei capigruppo, era apparso chiaro che la Lega non intendeva sostenere questa iniziativa. Lorenzo Fontana, presidente della Camera e figura di spicco del Carroccio, ha rimandato la proposta a data da destinarsi. Nessun calendario aggiornato, nessun via libera politico.
Il giorno seguente, da via Bellerio, è arrivata una presa di posizione netta. “Per noi non esiste la questione”, hanno fatto sapere ambienti della Lega. Il messaggio è chiaro: non c’è spazio per spostare le interpellanze, anche perché il giovedì pomeriggio è già pieno di impegni d’aula. Di fatto, la Lega chiude il capitolo senza margini di trattativa.
Le ragioni di Ciriani e la reazione dell’opposizione

Chi ha parlato con Ciriani nelle ultime ore riferisce di un approccio distensivo. Il ministro non considera la sua proposta un punto di rottura. Piuttosto, la definisce un’ipotesi di riforma tecnica. L’obiettivo? Migliorare la qualità del lavoro parlamentare, non ridurlo. E offrire all’opposizione uno spazio più visibile e ordinato per esercitare le sue prerogative.
Ma l’opposizione non la vede così. Per Chiara Braga, capogruppo del Partito Democratico, l’idea è “inaccettabile”. Secondo la presidente dei deputati dem, il Parlamento si limita già a discutere quasi esclusivamente atti del governo. Ora si vorrebbe anche tagliare il tempo dei lavori. Una prospettiva che Braga bolla come “un insulto a chi lavora ogni giorno”.
La posizione del Pd non è isolata. Anche altri gruppi di minoranza si oppongono a quella che definiscono una “settimana corta per i parlamentari”. Tema molto delicato, anche a livello simbolico, in un momento in cui la distanza tra politica e cittadini sembra crescere.
Una proposta che divide anche la maggioranza
Il nodo politico si stringe proprio nella maggioranza. La proposta viene da un ministro di Fratelli d’Italia, ma non trova sponde nel Carroccio. Un segnale che conferma le differenze interne al centrodestra. Frizioni che emergono non solo su grandi riforme, ma anche su questioni organizzative. Come quella degli orari della Camera.
Il silenzio di Forza Italia su questo tema aggiunge un elemento di ambiguità. Nessuna dichiarazione ufficiale, nessuna presa di posizione pubblica. Ma nelle pieghe della dialettica parlamentare, ogni mancanza pesa. E la sensazione è che anche tra gli azzurri il tema non sia affatto secondario.
Una settimana corta che accende il dibattito
La questione delle interpellanze tocca un punto sensibile. Il rapporto tra Parlamento e governo, tra maggioranza e opposizione, tra rappresentanza e partecipazione. Ridurre lo spazio del venerdì mattina appare a molti come un segnale sbagliato. Anche se la proposta mira a riorganizzare, non a sopprimere.
La verità è che ogni modifica alla settimana parlamentare finisce per avere una lettura politica, anche quando nasce con intenti tecnici. Ecco perché la proposta di Ciriani, pur presentata in tono minore, ha acceso un dibattito ampio e trasversale.
I prossimi passi
Al momento non è previsto alcun aggiornamento del calendario. La Camera continua a funzionare con il programma attuale. Ma il tema resta sul tavolo, e potrebbe tornare in auge nei prossimi mesi. Molto dipenderà dai rapporti tra i partiti della maggioranza e dalla capacità dell’opposizione di tenere alta la pressione.
Nel frattempo, le interpellanze del venerdì restano in agenda. Magari con pochi presenti, ma con un valore simbolico che oggi appare più forte che mai.
Il tentativo di modificare l’agenda parlamentare ha scoperchiato un vaso di Pandora. Ha mostrato le divergenze nella maggioranza, ha dato voce a un’opposizione che rivendica spazi e diritti, ha riportato al centro il ruolo della Camera come luogo di confronto. Tutto questo partendo da una proposta, apparentemente tecnica, sul giorno della settimana. Ma in politica, anche un semplice spostamento può diventare materia di scontro.