
Una vita spesa contro la mafia, una morte tragica che ha lasciato ferite mai rimarginate e interrogativi ancora aperti. Paolo Borsellino è il simbolo di una giustizia che non ha mai chinato il capo, neppure davanti alla certezza del sacrificio. La strage di via d’Amelio ha spazzato via lui e la sua scorta, ma non la memoria né i dubbi. Oggi, a oltre trent’anni da quel 19 luglio 1992, un nuovo tassello riporta l’attenzione su uno dei misteri più inquietanti: la scomparsa dell’agenda rossa.
La borsa del giudice esposta per la prima volta
Per la prima volta, il Tg1 ha mostrato la borsa che il magistrato portava con sé nel giorno dell’attentato. È la valigetta che conteneva l’agenda rossa, mai più ritrovata, su cui Borsellino annotava pensieri, contatti e forse rivelazioni decisive. Quella stessa borsa sarà esposta domani a Montecitorio alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, della premier Giorgia Meloni e della presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo.

Il colonnello Carmelo Canale, che fu collaboratore stretto del giudice, ha dichiarato al Tg1: “Con l’agenda rossa avremmo visto e capito cosa aveva scritto Paolo Borsellino pochi giorni prima di morire“. Canale ha aggiunto che il magistrato era prossimo ad arrestare il procuratore Giammanco, figura al centro di più sospetti e polemiche per il clima che si respirava all’interno della Procura palermitana in quel periodo.
Domande senza risposta e ombre mai dissipate
Resta un mistero inquietante: chi ordinò di prelevare l’agenda rossa? Le immagini girate dopo l’attentato mostrano uomini in borghese frugare nella borsa, ma da allora la pista si è persa. E con essa forse si è persa anche una parte della verità su cosa stava per scoprire Paolo Borsellino nei giorni in cui sapeva – e diceva – di avere i giorni contati.