
Non sempre la giustizia si esercita nelle aule dei tribunali. A volte si consuma nel tempo sospeso delle indagini, nel vuoto lasciato da parole non dette, da certezze che non arrivano mai. Chi viene coinvolto, anche solo come indagato, può trovarsi a vivere in un limbo durissimo: troppo poco per essere colpevole, troppo per essere davvero libero. È in questo spazio grigio che molte vite si consumano, inchiodate all’immagine pubblica del “sospettato”, una figura fragile, ambigua, esposta.
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La vita cambiata per sempre da un’indagine
Perché basta poco: un nome in un fascicolo, un dettaglio che torna alla ribalta, un’ipotesi che rimbalza da una testata all’altra. E intanto la vita privata si sgretola, le relazioni si incrinano, il lavoro vacilla. La giustizia mediatica ha un linguaggio più rapido di quella processuale e lascia segni profondi. È in questo contesto che si colloca l’ennesimo capitolo del caso di Garlasco, una vicenda che, a quasi vent’anni dall’omicidio, continua a dividere e a inquietare.

Il nuovo indagato Andrea Sempio e la denuncia dei suoi legali
Il nome è quello di Andrea Sempio, 37 anni, commesso, indicato come unico indagato nella nuova inchiesta sul delitto di Chiara Poggi, riaperta dalla Procura di Pavia. In questi giorni si susseguono le attività dell’incidente probatorio, mentre vengono analizzati anche i resti della colazione della giovane vittima nella speranza di individuare elementi trascurati diciotto anni fa. Intanto, però, i legali di Sempio lanciano un allarme: “Questa inchiesta è inconsistente, ma la gogna mediatica continua. Andrea ha già perso la casa, ora rischia di perdere anche il lavoro”.
A parlare è Massimo Lovati, uno dei due avvocati difensori insieme ad Angela Taccia. In un’intervista rilasciata a La Provincia Pavese, Lovati esprime con forza la preoccupazione per il futuro del proprio assistito: “Così si distrugge una persona”. E spiega che i danni per Sempio sono profondi: “Non parlo solo di quelli economici, che pure ci sono. Il problema è l’etichetta del sospettato, che rischia di rimanere anche se l’indagine sarà archiviata”.

Dubbi sul capo d’imputazione e critiche alla procura
Nel mirino dei legali c’è il capo d’imputazione, che ipotizza per Sempio il “concorso con altri o con Stasi”, riferimento diretto ad Alberto Stasi, già condannato in via definitiva per l’omicidio di Chiara Poggi. Secondo Lovati, questo schema accusatorio sarebbe un “escamotage che non può stare in piedi”. Il difensore ritiene che si tratti di una costruzione fragile, giuridicamente insostenibile: “Se andiamo a giudizio con questo capo d’imputazione, l’accusa è nulla”.
L’avvocato sottolinea un punto chiave: “La Procura sta cercando i concorrenti quando non ha in mano nulla contro Sempio”. A suo avviso, si sarebbe potuto continuare a indagare contro ignoti, senza attribuire per ora una responsabilità individuale a una persona che, a distanza di quasi vent’anni dai fatti, rischia di veder compromessa per sempre la propria esistenza.

La vicenda di Garlasco e il tempo che non guarisce
Il caso Garlasco, riaperto dopo diciotto anni, è uno di quei procedimenti che continuano a generare riflessioni non solo giuridiche, ma anche sociali e culturali. Il peso del sospetto, la sovrapposizione tra cronaca e processo, i rischi di una verità giudiziaria che non coincide sempre con quella mediatica: sono tutti elementi che emergono con forza anche in questa nuova fase. E intanto, mentre si attendono gli esiti dell’incidente probatorio, la vita di Andrea Sempio resta sospesa, come quella di tanti altri che finiscono nel cono d’ombra della giustizia senza che sia ancora stato pronunciato alcun verdetto.