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“Neanche Berlusconi era arrivato a tanto!”. L’accusa gravissima di Landini a Giorgia Meloni

Pubblicato: 30/06/2025 13:46
Landini Meloni Berlusconi comandare

Dalla festa della Cgil a Milano, il segretario generale Maurizio Landini ha lanciato un attacco durissimo all’esecutivo guidato da Giorgia Meloni, denunciando una deriva autoritaria che, a suo giudizio, rischia di mettere in discussione non solo le prerogative democratiche, ma anche l’esistenza stessa delle organizzazioni sindacali. Un intervento forte, pronunciato in uno dei momenti più delicati del dibattito politico-sociale italiano.
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Un’accusa senza precedenti

Neanche Berlusconi era arrivato a questo punto”, ha dichiarato Landini, comparando la gestione dell’attuale governo con quella dei precedenti esecutivi di centrodestra. Secondo il leader della Cgil, il comportamento dell’esecutivo Meloni evidenzierebbe un approccio che “non si limita a governare, ma pretende di comandare”. Una differenza che, nella visione del sindacalista, segna il confine tra il rispetto del pluralismo democratico e la tentazione egemonica.

Le sue parole rivelano un allarme profondo rispetto a ciò che considera uno svuotamento progressivo del ruolo dei sindacati, non più visti come interlocutori istituzionali ma come ostacoli da marginalizzare. Una critica che richiama il senso stesso della rappresentanza collettiva dei lavoratori, messo oggi – secondo Landini – sotto pressione da un modello politico accentrato e sordo al confronto.

Il pericolo delle diseguaglianze e della rabbia sociale

Ma non si tratta soltanto di uno scontro tra sindacato e governo. Nelle parole di Landini emerge una lettura più ampia della società italiana contemporanea, attraversata da diseguaglianze crescenti e tensioni latenti. “Le diseguaglianze stanno aumentando”, ha affermato con preoccupazione, sottolineando come il malcontento sociale, se non affrontato, possa trasformarsi in un fertile terreno per derive autoritarie.

È la paura e la rabbia che preoccupano maggiormente il segretario: due sentimenti diffusi, che rischiano di travolgere la tenuta democratica se non accompagnati da risposte concrete e inclusive. Secondo Landini, l’unico antidoto a questo scenario è il “rimettere insieme le persone”, ricostruendo legami sociali e reti di partecipazione in grado di contrastare la frammentazione e la solitudine.

Un sindacato in trincea

Nel suo intervento, Landini ha ribadito il ruolo centrale della Cgil come baluardo a difesa della democrazia e della giustizia sociale. La sua denuncia non è solo un atto di accusa, ma anche una chiamata all’unità: per il segretario, il compito del sindacato è oggi più che mai quello di unire, di creare solidarietà, di rappresentare chi non ha voce. “Se non lo facciamo noi, chi lo farà?”, sembra la domanda sottesa alle sue parole.

Di fronte a un governo che, a suo dire, “vuole comandare”, il sindacato risponde con un messaggio opposto: ascolto, partecipazione, resistenza civile. In questa cornice, la mobilitazione sindacale si trasforma da semplice strumento rivendicativo a presidio democratico, in un’epoca in cui i meccanismi della rappresentanza appaiono sempre più logorati.

Un appello alla responsabilità collettiva

L’intervento di Landini non è stato solo una critica politica. È stato soprattutto un appello alla responsabilità collettiva, un monito rivolto a istituzioni, lavoratori e cittadini. Di fronte alla crisi della democrazia partecipativa, il rischio è quello di cedere alla sfiducia e al disimpegno. Ma per il leader sindacale, questa sarebbe la peggiore delle risposte: “Se non torniamo a rimettere insieme le persone, la paura e la rabbia rischiano di favorire una svolta autoritaria”.

Un allarme che richiama l’urgenza di ricostruire un tessuto sociale disgregato, rafforzando la presenza nei territori, nei luoghi di lavoro, nei contesti più fragili. Perché è lì, sostiene Landini, che si gioca il futuro della democrazia. E in quel futuro, il ruolo delle organizzazioni sindacali è tutt’altro che secondario.

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Ultimo Aggiornamento: 30/06/2025 14:19

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