
Il governo Meloni rilancia la programmazione triennale dei flussi migratori e approva un nuovo piano di ingressi regolari per il triennio 2026-2028. Il numero complessivo sale a 500.000 migranti, con un aumento del 10% rispetto alla precedente pianificazione, per rispondere – si legge nel documento – alle “esigenze del mondo del lavoro”.
Il provvedimento è stato messo a punto dal ministero dell’Interno e ha ricevuto il via libera definitivo dal Consiglio dei ministri nel pomeriggio del 30 giugno.
Quote annuali, settori e Paesi partner
Il piano prevede l’arrivo di 164.850 lavoratori nel 2026, 165.850 nel 2027 e 166.850 nel 2028, con particolare attenzione alle figure professionali specializzate. Una corsia preferenziale sarà riservata ai cittadini di Paesi africani e asiatici che hanno siglato accordi bilaterali con l’Italia in materia di rimpatri.
La suddivisione per settori resta simile agli anni passati: si parte da 88.000 ingressi stagionali nel 2026, fino a 90.000 nel 2028; per le attività non stagionali e autonome le quote oscillano intorno ai 76.850 l’anno; mentre per colf e badanti è previsto un incremento da 13.600 a 14.200 posti nell’arco del triennio.
Critiche al sistema: i nodi del click day e delle attese infinite
Il decreto cerca di intercettare i bisogni del tessuto produttivo, in particolare del settore agricolo e dell’assistenza domestica, ma non mancano le critiche. Diverse associazioni di categoria, infatti, avevano chiesto un superamento del click day, giudicato ormai inadeguato, e l’introduzione di più finestre di accesso distribuite lungo l’anno.
Resta inoltre irrisolto il problema delle lungaggini burocratiche: secondo i dati del 2024, meno dell’8% dei lavoratori entrati in Italia grazie al decreto flussi ha poi ottenuto un contratto stabile e un permesso di soggiorno regolare. Un dato che solleva interrogativi sull’efficacia del sistema attuale.