
Un dissidio lontano, un’intesa inattesa, un rapporto costruito nel tempo e culminato con una delle più sorprendenti elezioni papali della storia recente. Il legame tra Jorge Mario Bergoglio e Robert Francis Prevost, oggi papa Leone XIV, è il cuore di un racconto intenso e documentato che emerge dalle pagine del nuovo libro del giornalista statunitense Christopher White. In “Pope Leo XIV. Inside the Conclave and the Dawn of a new Papacy”, White ricostruisce con precisione giornalistica i passaggi che hanno portato alla nascita di un rapporto decisivo per il futuro della Chiesa cattolica.
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Un incontro difficile a Buenos Aires
Il primo capitolo della relazione tra i due futuri papi si apre in Argentina, in una Buenos Aires che vede contrapposti, su una questione pastorale, l’allora arcivescovo Bergoglio e il superiore agostiniano Prevost. La divergenza riguardava una parrocchia che l’arcivescovo voleva destinare a una missione specifica per la diocesi, trovando però il rifiuto del priore. Un aneddoto che Prevost stesso raccontò con tono ironico nel 2023, sottolineando come, dopo quell’esperienza, fosse certo di non poter mai diventare vescovo. Eppure, il destino prese tutt’altra direzione.
Una sorpresa dopo il Conclave
Appena eletto, papa Francesco accettò un invito sorprendente: celebrare la messa d’apertura del capitolo triennale degli agostiniani. Era il 28 agosto 2013, e la celebrazione nella basilica di Sant’Agostino segnò un momento di svolta. Dopo la liturgia, i due si intrattennero in un dialogo privato. Prevost rimase colpito dalla memoria dettagliata del Pontefice, che ricordava perfino le “note a piè di pagina” dei loro passati confronti. E soprattutto, Francesco non dimenticava un gesto: il sostegno ricevuto da Prevost in un ufficio vaticano durante una discussione interna, antecedente al Conclave del 2013.

La missione in Perù e il ritorno a Roma
Come gesto di riconoscenza, Prevost fu inviato nuovamente in Perù, dove era stato missionario. E lì, nel 2014, fu nominato amministratore apostolico di Chiclayo, prima di essere elevato a vescovo. Da quel momento, la sua ascesa è stata silenziosa ma costante. Nel 2019 entrò nel dicastero vaticano per il Clero, e nel 2020 nel dicastero per i Vescovi. Le visite a Roma si fecero sempre più frequenti, così come i pranzi privati con Francesco nella suite 201 di Casa Santa Marta. Un legame fatto di dialogo diretto e confronto sui temi più urgenti della Chiesa.
Il ruolo chiave nel dicastero per i Vescovi
Durante questi incontri settimanali, i due passavano in rassegna la lista delle nomine episcopali. Prevost, da Perù, si dedicava allo studio dei dossier fino a notte fonda. A ogni vacanza di sede, proponeva una terna di candidati al Papa, che prendeva la decisione finale. Non solo un lavoro tecnico, ma anche un dialogo profondo sulle sfide pastorali delle diverse diocesi. La fiducia si consolidava.
La nomina a prefetto e il rifiuto della Curia
Nel gennaio 2023, Francesco nominò Prevost prefetto del dicastero per i Vescovi, affidandogli uno degli incarichi più delicati della Curia romana. Ma non cercava un uomo di Curia. Cercava un missionario, qualcuno con una prospettiva diversa. E Prevost, che pure aveva espresso riluttanza a lasciare il Perù, accettò. Le sue visite a Roma si fecero permanenti. Ogni sabato mattina era con il Papa, al lavoro sulla mappa globale dell’episcopato.
Il riconoscimento cardinale
Pochi mesi dopo il ritorno a Roma, Francesco lo nominò cardinale, assegnandogli anche il posto d’onore nella cerimonia del Concistoro del 2023. Prevost parlò a nome di tutti i nuovi cardinali. Un gesto simbolico e fortemente voluto, come a voler dire: “Questo è l’uomo su cui conto”. White sottolinea come il Papa abbia lavorato attivamente per far sì che Prevost diventasse una figura conosciuta all’interno del collegio cardinalizio.
La promozione silenziosa a febbraio
Nel febbraio 2025, mentre Francesco cominciava ad accusare problemi respiratori che ne avrebbero segnato le sorti, il Vaticano annunciò in modo discreto che Prevost era stato elevato all’ordine dei cardinali vescovi. Una mossa chiave. Quel gruppo ristretto rappresenta l’élite del collegio cardinalizio, ed è da lì che spesso viene scelto il nuovo Pontefice. Meno di due anni dopo essere stato richiamato a Roma, Prevost era ormai pronto.

Un ponte tra due papi
Il libro di White mette in luce come Francesco abbia scelto Prevost non solo per fiducia personale, ma per una precisa visione ecclesiale. In uno dei loro dialoghi, fu Prevost a chiedere: “Cos’è che alimenta così tanta resistenza a papa Francesco negli Stati Uniti?”. E fu lui stesso a rispondere, spiegando che la reazione ostile non era teologica, ma economica: le critiche del Pontefice argentino al capitalismo sfrenato avevano messo a disagio molti settori del cattolicesimo statunitense. Una visione condivisa, che ha cementato la loro alleanza.
Leone XIV: continuità e cambiamento
Il 2025 ha segnato una svolta. Dopo la morte di papa Francesco, il Conclave ha eletto Robert Francis Prevost con il nome di Leone XIV. Una scelta che appare oggi meno sorprendente alla luce del percorso ricostruito da Christopher White: una storia di pazienza, fiducia, esperienza missionaria e dialogo profondo, che ha reso possibile la nascita di un nuovo pontificato già segnato dall’eredità di Francesco, ma pronto a scrivere un capitolo autonomo nella storia della Chiesa.