
Matteo Bassetti, direttore del reparto Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, non scende dalla cresta dell’onda mediatica sulla quale è salito durante l’era Covid. E sulle sue seguitissime pagine social ora pubblica anche consigli su come fare correttamente le pulizie di casa. Bassetti si concentra infatti sulle spugnette utilizzate per lavare i piatti, perché queste possono trasformarsi in veri e propri “nidi” di batteri, tanto che l’unico modo efficace per mantenere l’igiene è sostituirle almeno una volta a settimana. Dopo aver lanciato l’allarme sulle borracce non correttamente igienizzate, l’infettivologo Matteo Bassetti torna a sensibilizzare il pubblico sui rischi igienici legati agli oggetti d’uso quotidiano. Vediamo cosa dice.
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Uno studio shock: nella spugna milioni di batteri
Bassetti cita uno studio tedesco, che ha analizzato geneticamente 14 spugne usate. I ricercatori hanno identificato una vasta presenza di microbi, tra cui batteri come Moraxella osloensis e Serratia marcescens, responsabili del classico cattivo odore delle spugne umide. Secondo le analisi al microscopio, un solo centimetro cubo di spugna può contenere fino a 5,4 x 10¹⁰ batteri, cioè sette volte la popolazione mondiale. Un livello di concentrazione microbica paragonabile, spiegano gli esperti, solo a quello riscontrato nelle feci umane. I tentativi di disinfezione – come l’uso di acqua bollente – possono aumentare la carica batterica. Questo perché i batteri più resistenti sopravvivono e si moltiplicano rapidamente, ricolonizzando la spugna e rendendola ancora più contaminata. L’unico rimedio efficace, secondo l’infettivologo, è cambiare la spugna da cucina ogni sette giorni. Un piccolo gesto che può fare una grande differenza in termini di igiene e prevenzione, soprattutto in un ambiente delicato come quello della cucina, dove si preparano alimenti ogni giorno.