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Trump, attacco durissimo a Elon Musk: “Basta sussidi, voglio un’indagine”

Pubblicato: 01/07/2025 13:37

Nella nuova America trumpiana del 2025, dove la politica si fa a colpi di post e ultimatum, lo scontro frontale tra Donald Trump ed Elon Musk segna una frattura epocale dentro la stessa galassia conservatrice. Le parole del presidente USA sono arrivate come un siluro nella notte: “Musk ha ricevuto più sussidi di chiunque altro nella storia. Senza quelli, dovrebbe chiudere baracca e tornare a casa, in Sudafrica”.

Non è solo una stoccata personale. È un messaggio politico diretto, pungente e con un bersaglio preciso: il miliardario che solo pochi mesi fa era ancora uno dei finanziatori principali della campagna di rielezione di Trump, e che oggi guida la rivolta contro la legge di Bilancio in discussione al Senato, la Big Beautiful Bill. In mezzo, ci sono contratti federali per 22 miliardi, sussidi per auto elettriche, satelliti Starlink, missili SpaceX e uno stile che – come al solito – somiglia più a un’arena che a un’agenda politica.

“Il Doge indaghi”. L’ironia velenosa del tycoon

Trump non si è fermato all’invettiva personale. In un post su Truth ha rilanciato: “Forse dovremmo chiedere al Doge di indagare… Basta razzi, satelliti e auto elettriche, risparmieremmo una fortuna”. Un attacco in piena regola, mascherato da sarcasmo, ma carico di implicazioni istituzionali. Sotto la lente finisce il Dipartimento per l’Efficienza Energetica, che potrebbe avviare verifiche sui sussidi pubblici elargiti alle aziende del gruppo Musk.

La risposta di Musk non si è fatta attendere, in perfetto stile X: “Taglia tutto. Subito”. Poi, via libera a una serie di attacchi frontali contro i parlamentari repubblicani che sostengono il piano di spesa: “Vergognatevi. Perderete le primarie, anche se fosse l’ultima cosa che faccio su questa Terra”.

La reazione di Trump non si è però fermata a volere delle indagini: “Deportare Musk? Darò un’occhiata”, ha infatti detto il tycoon, sollevando tensione tra i presenti.

Il crack di Tesla e la guerra interna al GOP

Il clima è da resa dei conti. Lo strappo tra Musk e Trump sta già lasciando segni sul mercato: le azioni Tesla hanno perso 150 miliardi di dollari in un solo giorno – il 5 giugno – nel crollo più pesante della storia dell’azienda. Oggi, a Francoforte, hanno lasciato sul terreno un altro 5%.

La tensione è altissima anche dentro al Partito Repubblicano. I vertici temono che questa faida possa danneggiare la tenuta della maggioranza in vista delle midterm del 2026, già minacciata da divisioni interne e da una base elettorale sempre più polarizzata. Musk, intanto, parla di “Paese monopartitico” e rilancia la proposta di un nuovo soggetto politico, ironicamente battezzato “Porky Pig Party”.

Una rottura personale che diventa istituzionale

Musk non ha mai digerito il maxi-pacchetto fiscale da 3.000 miliardi di dollari, che – sostiene – cancella tutti i risparmi ottenuti grazie all’iniziativa DOGE (la riforma di riduzione dei costi pubblici di cui è stato ispiratore). Le sue critiche, inizialmente tecniche, ora sono diventate personali e vendicative. E non è più chiaro fino a che punto Musk abbia ancora peso a Washington.

Una cosa è certa: Trump ha deciso di colpire proprio lì dove fa più male, nel cuore finanziario del suo ex alleato. E lo ha fatto da maestro della comunicazione populista: un mix esplosivo di nazionalismo economico, minacce implicite e nemmeno troppo velati inviti a “chiudere bottega”. In fondo, per Trump il principio è chiaro: chi riceve soldi dallo Stato non può permettersi di criticarlo. E per Musk – proprio lui, l’uomo delle libertà assolute – il conto potrebbe arrivare molto presto.

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Ultimo Aggiornamento: 01/07/2025 16:28

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