
In un mondo sempre più segnato da disuguaglianze e emergenze umanitarie, le scelte politiche di alcune grandi potenze possono avere conseguenze devastanti su scala planetaria. La decisione di tagliare i fondi a programmi di cooperazione internazionale e sviluppo sanitario nei Paesi più fragili mette a repentaglio anni di progressi ottenuti con fatica. In questo scenario, il drastico ridimensionamento dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (Usaid) voluto dall’amministrazione americana rischia di rappresentare una delle più gravi battute d’arresto per la salute pubblica globale degli ultimi decenni.
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Le cifre parlano chiaro: secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista The Lancet, il taglio degli aiuti statunitensi potrebbe causare oltre 14 milioni di morti nei prossimi cinque anni. Una stima che lascia poco spazio ai dubbi e che arriva in un momento particolarmente critico per la comunità internazionale, riunita in questi giorni a Siviglia per discutere proprio di finanziamenti alla cooperazione.
L’effetto Trump sulla cooperazione globale
La responsabilità principale, secondo gli autori del report, ricade sull’amministrazione guidata da Donald Trump, che ha ordinato un drastico taglio agli stanziamenti Usaid. Una decisione che, secondo il Barcelona Institute for Global Health, potrebbe “invertire due decenni di progressi” nei Paesi a basso e medio reddito. Tra i più colpiti, come sempre, i bambini piccoli: secondo le proiezioni, almeno 4,5 milioni di loro potrebbero morire prima del quinto anno di età entro il 2030, con una media di circa 700mila decessi infantili ogni anno.
A confermare la gravità della situazione è Davide Rasella, ricercatore e coautore dello studio, che ha sottolineato come i programmi sanitari sostenuti dagli Stati Uniti abbiano avuto un impatto determinante: dal 2001 al 2021, il supporto americano avrebbe contribuito a prevenire 91,8 milioni di morti in 133 Paesi. Un numero superiore a quello delle vittime registrate durante la Seconda Guerra Mondiale.

Un sistema in collasso: 88 morti ogni ora
I dati raccolti e analizzati da Brooke Nichols, epidemiologa della Boston University, mostrano che i tagli già attuati hanno prodotto conseguenze immediate. Dal 2021, si stima che 224.000 bambini e 108.000 adulti siano morti a causa del venir meno degli aiuti americani. Questo equivale a 88 decessi all’ora, ogni ora, giorno dopo giorno.
I tagli previsti per il 2025 ammonteranno all’83 per cento del budget originario. Una riduzione che rischia di spazzare via i benefici registrati in anni di impegno multilaterale. I programmi sanitari finanziati dall’Usaid hanno già dimostrato la loro efficacia: -74% dei decessi per HIV/AIDS, -53% per la malaria e -51% per le malattie tropicali trascurate. Tutto questo in confronto ai Paesi che hanno ricevuto pochi o nessun finanziamento.
Effetto domino tra i grandi donatori
Preoccupante anche la tendenza seguita da altri grandi Paesi donatori. Secondo lo studio, Francia, Germania e Regno Unito stanno valutando o hanno già annunciato piani di riduzione dei fondi destinati agli aiuti esteri. Una dinamica che potrebbe aggravare ulteriormente il quadro, come ha avvertito la ricercatrice Caterina Monti, anch’essa autrice dello studio: “Il rischio è di causare ancora più morti nei prossimi anni”.
Va sottolineato come, prima dei tagli, l’Usaid rappresentasse solo lo 0,3% del bilancio federale statunitense, pari a circa 64 dollari all’anno per cittadino americano. Una cifra modesta, se rapportata agli effetti salvavita che ha prodotto, come spiega il professore James Macinko dell’Università della California: “Credo che la maggior parte delle persone sarebbe favorevole al mantenimento dei finanziamenti se conoscesse davvero il loro impatto”.

Il multilateralismo in bilico
Nel frattempo, a Siviglia, circa cinquanta leader mondiali – tra cui Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen – stanno cercando di rilanciare il multilateralismo come risposta a un contesto globale sempre più instabile. L’urgenza di rafforzare gli strumenti di cooperazione internazionale è condivisa, ma i vincoli politici ed economici mettono a dura prova le promesse. Senza un’inversione di rotta netta, l’architettura umanitaria globale rischia un collasso difficile da contenere, e a pagare il prezzo più alto saranno ancora una volta i più vulnerabili.