
Ci sono storie che si impongono nel dibattito pubblico non solo per la loro drammaticità, ma per il carico emotivo e morale che trascinano con sé. Sono quelle storie che, purtroppo, parlano di innocenti che non hanno avuto il tempo di chiedere aiuto, e che mettono sotto accusa non solo chi ha agito, ma un intero contesto di silenzi, omissioni, giustificazioni. La morte di una neonata rappresenta sempre un confine invalicabile del dolore: un punto da cui è impossibile tornare indietro.
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In queste vicende, ogni elemento che emerge dalle indagini e dal processo ha il peso specifico di un macigno. Ogni parola detta in aula, ogni testimonianza, ogni dettaglio raccontato dai soccorritori o dai familiari compone il mosaico di una realtà che spesso è difficile accettare. Eppure è necessario guardarla in faccia, per capire. E, forse, per non permettere che accada ancora.

Le condizioni del corpo e il letto senza lenzuola
È all’interno di questa cornice che si colloca il processo per la morte della piccola Aurora Savino, la neonata trovata senza vita il 2 settembre 2023 nell’abitazione in cui viveva con i genitori a Santa Maria a Vico, in provincia di Caserta. A riferire dei dettagli agghiaccianti sono stati i medici del 118 e i sanitari dell’ambulanza di rianimazione, chiamati a testimoniare alla Corte d’Assise del tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Quando i soccorsi sono arrivati, Aurora era già priva di vita. Il suo corpicino presentava numerosi lividi e alcune ustioni, in particolare sulla schiena, elementi che i sanitari hanno subito ritenuto incompatibili con una morte naturale. A colpire i presenti è stato anche lo stato della stanza: il letto matrimoniale ordinato, con solo il copriletto a coprirlo, mentre le lenzuola erano state riposte in una busta di plastica sopra l’armadio. Un dettaglio che ha fatto immediatamente sospettare un tentativo di alterare la scena o, perlomeno, un’anomalia inspiegabile.
Proprio questi segni sul corpo della piccola hanno spinto i medici a chiamare i carabinieri, configurandosi fin da subito come morte sospetta.

I genitori imputati per omicidio
A essere sotto processo sono i genitori della neonata, il 28enne Emanuele Savino e la 21enne Anna Gammella, entrambi accusati di omicidio. La coppia ha anche altri due figli piccoli, elemento che rende ancora più urgente e drammatica la ricostruzione dei fatti, anche in vista di un eventuale rischio per i fratellini della vittima.
Nel corso delle udienze, la linea difensiva ha tentato più volte di spiegare i segni presenti sul corpo di Aurora in modi alternativi, spesso contraddittori. Inizialmente, si era parlato di pizzicotti affettuosi, poi dei giocattoli lanciati addosso dal fratellino. Versioni che non hanno retto al confronto con gli elementi raccolti e che vengono via via smentite anche dalle testimonianze.
Le parole della nonna e le contraddizioni
Nell’ultima udienza, è stata sentita anche la nonna materna di Aurora, madre dell’imputata Anna Gammella. La donna ha offerto una versione alternativa, affermando che i lividi erano causati dai giocattolini lanciati da uno degli altri bambini. Ha poi aggiunto che la figlia aveva portato la neonata dal pediatra, circostanza però smentita dai medici già ascoltati nelle udienze precedenti.
Questa nuova narrazione, nel tentativo evidente di alleggerire la posizione degli imputati, ha finito per aggiungere ulteriori contraddizioni al quadro, già segnato da molte incongruenze. Ogni nuova giustificazione sembra allontanarsi sempre di più da una possibile verità coerente, mentre il corpo della piccola continua a parlare con segni che non possono essere ignorati.
Il commento di Telefono Azzurro
A rappresentare il Cam Telefono Azzurro, costituitosi parte civile nel procedimento, è l’avvocata Clara Niola, che al termine dell’udienza ha voluto esprimere una posizione chiara: «Pur nel rispetto del diritto di difesa, sono già emersi degli elementi incontrovertibili nel corso del dibattimento sulle lesioni sofferte da Aurora, per cui ad oggi il silenzio farebbe anche più rumore».
Una dichiarazione che riassume con efficacia lo stato del processo e l’impressione che si ricava da ogni nuova testimonianza. Quando i fatti parlano da soli, ogni tentativo di reinterpretarli rischia di suonare come un ostinato rifiuto della realtà.
Un processo che cerca giustizia
Il processo per la morte della neonata Aurora Savino continua, ma gli elementi fin qui emersi delineano già un quadro che scuote profondamente l’opinione pubblica. Non si tratta solo di stabilire le responsabilità penali, ma di restituire verità e dignità a una bambina che non ha potuto difendersi.
La Corte d’Assise è chiamata a pronunciarsi in uno dei casi più gravi di violenza domestica su minore degli ultimi anni. In attesa di ulteriori sviluppi, resta il peso insostenibile di ciò che è accaduto. E la necessità, collettiva, di non dimenticare.