
Nella quiete ingannevole di una sera d’autunno, quando il mondo sembrava addormentato nel suo placido riposo, la città di Rozzano, una tranquilla località incastonata nell’hinterland milanese, si è trasformata, in un istante fugace, nel teatro di un atto di violenza inaudita. Un gesto tanto rapido quanto brutale che avrebbe infranto irrimediabilmente il cuore di una famiglia e segnato per sempre la memoria di una comunità intera.
Era l’11 ottobre, una data destinata a rimanere impressa a fuoco, quando la vittima, il trentunenne Manuel Mastrapasqua, si è trovato, senza alcun preavviso, al centro di un assalto immotivato. Un’aggressione priva di senso, spoglia di logica, che ha strappato una vita giovane e promettente. Gli eventi, compressi in una manciata di minuti, tra le 2:54 e le 2:56 del mattino, si sono svolti con un’efficienza agghiacciante, una fulmineità che non ha lasciato a Manuel alcuna possibilità di difesa, alcun varco per la fuga, alcuna speranza.

Il valore di una vita: 14 euro e un destino spezzato
Manuel, ritratto dai suoi cari come un’anima gentile, un ragazzo educato e pacato, ben lontano da ogni forma di provocazione, qualcuno che, nella sua natura mite, non avrebbe mai reagito a una rapina, si è ritrovato inspiegabilmente aggredito per strada. Ciò che rende questo episodio ancora più tragico e assurdo è il movente: un paio di cuffie, il cui valore, da nuove, ammontava a soli 14 euro. Una cifra irrisoria, quasi derisoria, che è diventata il catalizzatore di un omicidio efferato, il grilletto di una violenza inspiegabile che ha stroncato una vita promettente. L’arma del delitto, un comune coltello da cucina, è stata brandita con una forza devastante, la sua lama ha perforato, con precisione micidiale, il polmone e il pericardio di Manuel, raggiungendo organi vitali.
Immediatamente trasportato d’urgenza all’ospedale Humanitas, in condizioni disperate, i tentativi disperati dei professionisti medici non sono bastati a salvarlo. Ha cessato di vivere meno di un’ora dopo, alle 3:49 del mattino. L’assenza di ferite da difesa sul suo corpo, un dettaglio macabro ma cruciale, ha sottolineato con forza la natura improvvisa e la brutalità inaudita dell’aggressione, non lasciando dubbi sulla sua completa e tragica vulnerabilità in quei momenti finali, intrisi di terrore e impotenza.

Omicidio Manuel Mastropasqua, arriva la condanna esemplare
Il processo legale che ne è seguito ha cercato, con la tenacia che contraddistingue la giustizia, di dipanare la matassa di questo crimine insensato, di dare un nome e un volto al responsabile e di rendere, seppur parzialmente, giustizia a Manuel. La Corte d’Assise di Milano, presieduta dalla giudice Antonella Bertoja, ha esaminato con meticolosa attenzione ogni singola prova, ogni testimonianza, ogni dettaglio portato alla luce. La pubblica accusa, guidata dalla PM Letizia Mocciaro, aveva richiesto una pena di 20 anni di reclusione, riconoscendo la gravità dell’atto ma senza l’applicazione di specifiche aggravanti. Tuttavia, la delibera finale della corte ha superato di gran lunga le richieste della pubblica accusa.
In un verdetto che ha sottolineato l’estrema efferatezza del crimine e la sua disumana gratuità, Daniele Rezza, che all’epoca dell’omicidio aveva appena 19 anni, è stato condannato a ben 27 anni di carcere. La corte ha riconosciuto due circostanze aggravanti fondamentali: la minorata difesa della vittima, evidenziando la totale impossibilità di Manuel di reagire o proteggersi, e i futili motivi, sottolineando l’assoluta sproporzione tra il movente – quelle misere cuffie – e la tragica conseguenza, la perdita di una vita umana. Sebbene la corte non abbia ritenuto sussistente il nesso teleologico tra la rapina e l’omicidio (ovvero che l’omicidio fosse un mezzo per commettere la rapina), ha comunque equiparato questa circostanza alle attenuanti generiche, un bilanciamento che, nella sua complessità giuridica, ha condotto a una pena finale ben più severa di quella inizialmente richiesta dalla stessa accusa. Questa sentenza, risuonando come un monito, ha cercato di riaffermare il valore inestimabile della vita umana di fronte a una violenza così cieca e insensata.