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Rider, arriva il bonus emergenza caldo: quanto guadagneranno in più. Una miseria! 

Pubblicato: 02/07/2025 19:23
glovo bonus caldo

In un’estate che si annuncia tra le più torride degli ultimi anni, con l’Europa avvolta in un’ondata di calore implacabile, emerge una logica distorta che getta un’ombra sinistra sul mondo del lavoro moderno.

Glovo, il gigante del food delivery, ha lanciato una strategia che, se da un lato si presenta come un incentivo alla produttività, dall’altro svela una preoccupante tendenza alla mercificazione del rischio sulla salute. Glovo, infatti, ha introdotto il “Bonus Caldo”, ma è veramente un incentivo o una vera e propria beffa per i poveri rider che lavorano sotto al sole?

L’iniziativa di Glovo

Il 1° luglio, una mail destinata ai rider di tutta Italia ha svelato una politica aziendale che sfida apertamente il principio della sicurezza sul lavoro. Il messaggio, apparentemente premuroso, esordiva con un’affermazione condivisibile: “L’aumento delle temperature in diverse zone d’Italia ci impone di prestare particolare attenzione a chi lavora all’aperto”.

Ma la riga successiva ha rivelato la vera natura dell’iniziativa, trasformando un pericolo in un’opportunità di guadagno. Il bonus promosso da Glovo è strutturato su fasce di temperatura: un misero 2% per temperature tra i 32°C e i 36°C, che raddoppia al 4% tra i 36°C e i 40°C, per poi impennarsi all’8% se il termometro supera la soglia critica dei 40°C. Un meccanismo perverso che premia l’esposizione al pericolo, spingendo i rider a lavorare sotto un sole cocente, trasformando la loro resistenza fisica in un asset aziendale.

Un “contributo” che sa di beffa: l’indennità posticipata per beni di prima necessità

Non contenta di incentivare il rischio, Glovo ha tentato di ammantare la sua operazione con una patina di responsabilità sociale. La stessa comunicazione prometteva ai rider “un contributo economico per l’acquisto di crema solare, sali minerali e acqua”, motivato dal fatto che “l’emergenza calore in corso possa comportare costi imprevisti per proteggerti”. Sulla carta, un gesto lodevole, un’attenzione verso le “necessità primarie” dei lavoratori esposti. Ma il diavolo, come sempre, si nasconde nei dettagli.

Questa indennità, vitale per affrontare l’immediato rischio di disidratazione e danni da esposizione solare, non verrà erogata immediatamente. Glovo ha stabilito che i contributi relativi al “Bonus Caldo” di luglio e agosto saranno versati solo con la fattura del 21 settembre 2025. Una tempistica che solleva pesanti interrogativi: come potranno i rider affrontare le spese per questi beni essenziali durante i mesi più caldi, se il rimborso arriverà solo a stagione inoltrata? Questo meccanismo obbliga i lavoratori a anticipare di tasca propria le spese per la propria sicurezza, in un momento in cui il bisogno è più impellente. Una clausola che, di fatto, svuota di significato la promessa di supporto, trasformandola in una beffa per chi lotta quotidianamente contro le temperature estreme.

La voce della critica: quando il profitto prevale sulla salute

L’eco di questa iniziativa non ha tardato a generare indignazione. Mentre le istituzioni nazionali e regionali si affannano a emettere ordinanze per concedere pause ai lavoratori più esposti al calore e all’attività fisica – provvedimenti che, incomprensibilmente, spesso escludono la categoria dei fattorini, se non in rare eccezioni come il Piemonte – Glovo sceglie una via alternativa, spostando l’onere della prevenzione sui singoli.

La reazione più decisa è giunta da Nidil Cgil, che ha prontamente denunciato la gravità del messaggio implicito veicolato da questa comunicazione. “Abbiamo ritenuto grave il messaggio implicito di questa comunicazione, che rischia di trasformare un pericolo per la salute in un incentivo economico,” ha commentato Nidil Cgil, inviando una lettera formale a Glovo. La posizione del sindacato è chiara e inequivocabile: “nessun compenso può giustificare il lavoro in condizioni di rischio estremo.”

Viene richiamato il D.lgs. 81/2008, che impone alle aziende l’obbligo di valutare e prevenire tutti i rischi per la salute, incluso lo stress termico. I rider, spesso in bicicletta o in scooter, sono esposti direttamente al sole, senza possibilità di riparo, trasformando il loro ambiente di lavoro in una fornace a cielo aperto. La richiesta di Nidil Cgil a Glovo è netta: correggere immediatamente la comunicazione, chiarendo che “in caso di ondate di calore con livello alto, l’attività deve essere sospesa.” Il principio è inalienabile: “La salute viene prima dei bonus.”

Questa vicenda non è solo un campanello d’allarme per i diritti dei lavoratori nel settore della gig economy, ma anche una riflessione profonda sulla etica aziendale in un’epoca di crisi climatica. La scelta di Glovo di monetizzare il rischio termico, anziché implementare misure di protezione concrete e immediate, solleva interrogativi cruciali sulla responsabilità delle piattaforme digitali nei confronti di chi, con la propria fatica, alimenta il loro successo. È tempo che la salute e la sicurezza non siano più considerate voci di spesa da minimizzare, ma priorità assolute da cui nessuna azienda può prescindere, soprattutto di fronte a un’emergenza climatica che mette a rischio vite umane.

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