
«Non si fa problemi a gestire i suoi affari come un malavitoso. È un assassino a sangue freddo». Parole che colpiscono, spiazzano e dividono. Le ha pronunciate Jim Courier, ex numero uno del tennis mondiale e vincitore di quattro tornei del Grande Slam, riferendosi a Jannik Sinner, attuale leader del ranking ATP. Una dichiarazione forte, pronunciata dopo la netta vittoria dell’azzurro su Luca Nardi nel derby tricolore a Wimbledon, dove Sinner ha lasciato appena sette game all’avversario in tre set.
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Quelle di Courier non sono però accuse, quanto piuttosto una forma estrema di elogio al carattere e alla determinazione del campione altoatesino, capace – a soli 23 anni – di prendere decisioni radicali e dirompenti pur di perseguire il proprio obiettivo: diventare il miglior tennista al mondo.
Una leadership costruita sul coraggio
Secondo Jim Courier, ciò che distingue Sinner dalla maggior parte dei suoi colleghi è la sua capacità di «presentarsi come un gatto molto calmo», mantenendo un’immagine pubblica pacata e gentile, dietro la quale si nasconde però una personalità capace di compiere scelte drastiche. Le recenti separazioni dal preparatore atletico Giuseppe Panichi e dal fisioterapista Umberto Ferrara Badio, proprio alla vigilia di Wimbledon, hanno alimentato interrogativi e polemiche nel mondo del tennis.
Courier ha commentato senza giri di parole: «Non sappiamo cosa stia succedendo, ma sospettiamo che Sinner si sia irritato e abbia deciso di andare avanti. Questo lo rende un vero killer a sangue freddo». Un’uscita che ha sorpreso molti, ma che, contestualizzata, è in realtà un riconoscimento della lucidità con cui il numero uno del mondo affronta ogni aspetto della propria carriera.

La cronistoria di un percorso rivoluzionario
Courier ha poi ripercorso le tappe più significative dell’evoluzione di Sinner, sottolineando come già in passato il tennista italiano abbia dimostrato di non avere alcuna esitazione nel rivoluzionare lo staff tecnico quando necessario. «Ha mandato via Riccardo Piatti, che era stato come una figura paterna. Non gli piaceva più il modo in cui giocava, sentiva di non essere al passo con i tempi. Così ha ingaggiato Simone Vagnozzi. E poi, quattro mesi dopo, ha aggiunto anche Darren Cahill. Ed eccolo qui, oggi è il miglior giocatore al mondo».
Una trasformazione che ha avuto esiti straordinari, ma che non è stata indolore. Sinner ha scelto la strada più difficile: quella dell’indipendenza, dell’autonomia e delle decisioni nette, anche a costo di scelte impopolari. «In un certo senso mi piace», ha chiosato Courier, chiudendo un discorso che, seppur duro nei toni, si rivela alla fine un tributo alla mentalità vincente del giovane italiano.
Un 2025 altalenante ma ancora protagonista
Il cammino di Jannik Sinner in questo 2025 non è stato privo di ostacoli. Dopo aver conquistato gli Australian Open, il tennista italiano ha dovuto affrontare una squalifica di tre mesi, un rientro faticoso segnato da due finali perse contro Carlos Alcaraz – agli Internazionali d’Italia e al Roland Garros – e un’uscita precoce al secondo turno del torneo di Halle, dove è stato eliminato da Alexander Bublik.
A rendere ancora più burrascoso il momento è arrivata la notizia della separazione da due membri storici del suo team. Una mossa che ha sorpreso pubblico e addetti ai lavori, ma che sembra essere stata fatta da Sinner con la consueta freddezza strategica che lo contraddistingue.

Tutto il team compatto su Wimbledon
Ora, a circondare Sinner nel torneo più prestigioso del mondo, è rimasto il nucleo centrale della sua squadra: Simone Vagnozzi, Darren Cahill, l’osteopata Giuseppe Cipolla e il mental coach Andrea Ceccarelli. Una cerchia ristretta ma compatta, pronta a sostenere il numero uno del mondo sia sul piano tecnico che psicologico.
Wimbledon rappresenta non solo un’occasione cruciale per la classifica ATP, ma anche un banco di prova mentale per un tennista che sembra aver fatto della concentrazione emotiva e del controllo delle proprie scelte un tratto distintivo.
Un campione che divide, ma che non arretra
Le parole di Jim Courier, sebbene spigolose, hanno avuto l’effetto di aprire un dibattito sulla personalità di Jannik Sinner. È davvero un “assassino a sangue freddo”? Forse sì, se con questa espressione si intende un atleta che sa escludere l’emotività dal processo decisionale, che affronta ogni scelta con lucidità e che non si lascia condizionare dalle reazioni dell’ambiente esterno.
In un circuito dove molti cercano conferme nella stabilità, Sinner si distingue per la sua capacità di agire con risolutezza. Un approccio che può spaventare, ma che ha già dato i suoi frutti. E che forse, come dice Courier, rappresenta il vero segreto del successo del campione italiano.