
TEL AVIV – Un annuncio che arriva dai canali social, nel mezzo di una delle fasi più sanguinose del conflitto. Donald Trump ha dichiarato che Israele ha accettato una tregua di 60 giorni nella Striscia di Gaza. Una proposta definita “con tutte le condizioni necessarie” da Tel Aviv, e che ora — secondo il presidente americano — deve essere accettata da Hamas, “per il bene del Medio Oriente”.
Il presidente ha aggiunto che gli Stati Uniti sono pronti a “lavorare con tutte le parti per porre fine al conflitto”. Una mossa che segue settimane di pressioni personali su Benjamin Netanyahu, atteso alla Casa Bianca lunedì prossimo, e che secondo fonti americane sarebbe stato spinto a cedere da considerazioni interne e militari, oltre che dalle dinamiche diplomatiche in corso con gli Stati del Golfo.
Il pressing su Netanyahu e l’agenda Usa
Trump aveva già anticipato nei giorni scorsi che sarebbe stato “molto duro con Netanyahu” per ottenere una tregua. “Anche lui vuole che finisca la guerra, e credo che avremo un accordo la prossima settimana”, aveva affermato durante un’uscita pubblica in Florida. Stavolta, però, ha bruciato i tempi, rilanciando un annuncio prima ancora dell’arrivo ufficiale del premier israeliano a Washington.
L’amministrazione americana, in vista della visita, ha accelerato i contatti con la delegazione israeliana guidata dal ministro degli Affari strategici Ron Dermer, già a Washington per incontrare il segretario di Stato Marco Rubio, il vicepresidente J.D. Vance e l’inviato presidenziale Steve Witkoff. Il piano in discussione prevede “compensazioni diplomatiche” per Israele: tra queste, la ripresa dei colloqui con l’Arabia Saudita, l’intesa di normalizzazione con l’Oman, e perfino una storica dichiarazione di pace con la Siria.
Gaza, bilancio sempre più drammatico
Tutto questo mentre nella Striscia di Gaza si continua a morire. Il bilancio del bombardamento contro l’internet café di Gaza City è salito a 39 morti, tra cui il noto fotogiornalista Ismail Abu Hatab. E nelle ultime 24 ore, altri 112 civili sono stati uccisi nei raid israeliani, secondo fonti sanitarie locali. Si aggrava dunque il conto delle vittime, che ha già superato gli 80 morti solo nella giornata di ieri.
Sul fronte umanitario, oltre 170 organizzazioni internazionali hanno chiesto di ripristinare la gestione Onu nella distribuzione degli aiuti alimentari, dopo che più di 500 persone sono morte cercando di raggiungere i convogli della Gaza Humanitarian Foundation.
I nodi del negoziato e la sfida di Hamas
Al di là degli annunci, il dossier resta complesso. Il capo di Stato maggiore Eyal Zamir ha avvertito il governo sui rischi di espandere ulteriormente le operazioni, paventando rappresaglie sugli ostaggi. Hamas, da parte sua, continua a chiedere la fine totale del conflitto, rifiutando soluzioni temporanee che non garantiscano un’uscita definitiva dalla guerra.
Trump, tuttavia, ha dichiarato di aver parlato “più volte e chiaramente con Netanyahu” e di aver fissato l’obiettivo: un cessate il fuoco permanente e un piano per la gestione post-bellica di Gaza, con il coinvolgimento di più Stati arabi.
Le mosse di Netanyahu e lo scenario politico
Sul fronte israeliano, Netanyahu vuole arrivare alla pausa estiva della Knesset — dal 27 luglio al 19 ottobre — con un risultato da spendere anche in vista delle elezioni del 2026. Dopo l’operazione “Rising Lion” contro i siti nucleari iraniani, con 500 attacchi aerei, l’86% dei missili iraniani intercettati e oltre 12 mila immagini satellitari analizzate, il primo ministro cerca di evitare nuove tensioni interne: gli ultraortodossi minacciano di far cadere il governo se non passerà la legge sull’esenzione dal servizio militare.