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Trump, lo stop alle armi per Kiev cambia tutto e favorisce Putin

Pubblicato: 02/07/2025 16:18

In un momento in cui la pressione russa sull’Ucraina è ai massimi storici, la decisione degli Stati Uniti di interrompere la fornitura di armi a Kiev rappresenta un colpo durissimo, con conseguenze potenzialmente disastrose sul campo.

Lo stop deciso dall’amministrazione Trump, con la motivazione che “le riserve del Pentagono sono sotto il livello di guardia”, arriva proprio mentre la capitale ucraina è sotto assedio. Ed è un messaggio politico chiaro, calibrato sull’elettorato Maga, ma che rischia di frantumare definitivamente lo scudo difensivo ucraino contro i missili di Mosca.

Armi bloccate in Polonia, scudo anti-aereo in crisi

La notizia ha superato anche le previsioni più pessimistiche: le forniture già pronte, alcune persino trasferite in Polonia e in attesa di entrare in Ucraina, sono state congelate. Si tratta di armamenti fondamentali: intercettori PAC-3 per le batterie Patriot, missili Stinger, AIM-7 Sparrow riadattati (i cosiddetti “Frankensam”), munizioni da 155 mm, razzi GMLRS e missili anticarro Hellfire. Tutti elementi cruciali per proteggere città, centrali e infrastrutture dai continui bombardamenti russi.

L’amministrazione Usa ha motivato la scelta con una logica interna: “Servono all’America”. Ma secondo fonti vicine al Pentagono, la decisione ha forti implicazioni politiche: un segnale per condizionare Zelensky e spingerlo ad accettare un negoziato con Mosca. Il Cremlino lo ha detto chiaramente: “Meno armi all’Ucraina, più vicina la fine dell’Operazione Militare Speciale”.

Kiev irritata, l’Europa in allarme

L’Ucraina ha convocato l’incaricato d’affari americano a Kiev e chiesto chiarimenti. Il Ministero degli Esteri ha parlato di “ritardi che incoraggiano l’aggressore”, mentre un ufficiale dell’esercito ha ammesso: “Faremo fatica senza le munizioni Usa. L’Europa ci aiuta ma non basta”. I numeri parlano chiaro: a giugno Mosca ha lanciato oltre 5.400 droni, contro i 332 di un anno prima. I missili sono raddoppiati: 225 contro 124.

E l’efficacia della contraerea ucraina è in netto calo: i droni abbattuti sono passati dal 95% al 74%, i missili dal 74% al 50%. Il motivo è anche tecnico: i nuovi Shahed/Geran russi volano più in alto, sono più veloci, spesso sono esche senza carica esplosiva per far sprecare colpi agli ucraini. E la produzione russa ha superato i 5.000 droni al mese, cifra che l’industria europea e ucraina non riesce nemmeno ad avvicinare.

Guerra di logoramento e ipotesi coreana

Senza armi americane, Kiev rischia il collasso difensivo: le munizioni da 155 mm sono insufficienti, i razzi GMLRS (fondamentali per i tiri di controbatteria) sono prodotti solo negli USA. La Lettonia ha promesso 42 blindati Patria, ma l’Europa non può colmare il vuoto. Intanto la Russia ottiene pezzi vietati dalle sanzioni e rafforza la sua economia di guerra.

Anche la Corea del Nord entra in campo: secondo il New York Times, Pyongyang starebbe per inviare 30.000 soldati a supporto logistico della Russia. Il messaggio americano è chiaro. E l’effetto immediato è devastante. Lo scudo anti-aereo dell’Ucraina si sta sgretolando, e Mosca lo sa bene.

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