
Il vaso di pandora del palazzo lontano dal popolo si è scoperchiato. La vera cifra di imbarazzi e dibattiti dimezzati come il Visconte di Calvino è che il diavolo, le fragilità umane, fa le pentole, in questo caso il Palazzo dei Normanni, ma non i coperchi. E la paura che il popolo, visto come un’orda famelica di scandalose notizie a loro imbastite di colpevoli, loro si, giornalisti, si possa ribellare è uno degli allarmi Nato che incombe sull’intera comunità politica, senza distinzioni di partiti e persone. Tutti colpevoli, nessun innocente. Qualcuno tenta di distinguersi, tentando molto, ma molto, timidamente un J’accuse alla Emile Zolà, ma senza efficacia o conseguenzialità. L’opposizione, si fa per dire, ha in mano uno strumento, la commissione antimafia e, guarda un po’, anticorruzione, che si occupa di fenomeni corruttivi fuori dal palazzo ma non dentro, visto che non ha convocato sul tema dopo settimane nessuno. Alla faccia della più famigerata che famosa, “Autodichìa”, che forse vale solo per indennità e stipendi.
Ma improvvisamente nel “surreale” Palazzo, che potrebbe fare felice Jonesco più di Pirandello, una voce si alza, quella del precedente presidente Gianfranco Miccichè, per chiamata di correo, mi pento fortissimamente dall’aver partecipato all’innovazione di questa legislatura, il maxiemendamento assembleare, e invito la politica a tornare all’antico, quando ciascun deputato mettendoci la faccia e la responsabilità lottava in commissione bilancio per i propri emendamenti. Alcuni riuscivano altri no.
Sembra un dibattito per addetti ai lavori ma invece focalizza il vulnus democratico raggiunto oggi dalla politica siciliana, il sistema indistinto, gestito come il segreto di pulcinella, che tiene nell’anonimato insieme, senza distinzioni, l’intera assemblea senza distinzione di uomini, gruppi e partiti. Questo è il vero scandalo democratico che fuoriesce dalle intercettazioni dell’inchiesta. Da due finanziarie a questa parte viene presentato un maxi emendamento assembleare con tutti i desiderata dei deputati, senza che alcuno si prenda la propria responsabilità, addirittura combinandone le frequenze di numero per non evidenziare chi possa essere il proponente, e che viene votato nel segreto dell’urna con una maggioranza indistinguibile e con una minoranza, per salvare le forme, anch’essa indistinta.
Il vulnus democratico
Al di là di un coacervo associativo di spartizione di soldi pubblici, che se lo facessero dei privati cittadini rischierebbero l’arresto per associazione a delinquere, il vulnus più grave di questo sistema di gestione assemblare è di omicidio democratico. La democrazia si fonda sul primato della maggioranza politica e sull’alternanza potenziale. Con questo terribile sistema invece il deputato singolo si spoglia di responsabilità, potendo a questo punto chiedere cose anche vergognose, tipo dare soldi ad amici e parenti, e dall’altro tradisce il mandato elettorale di rappresentare per intero la comunità siciliana, tradendo anche il suo collegio elettorale. Inoltre questo sistema di cartello di accontentamento delegittima definitivamente il ruolo di gruppi e partiti, perché i singoli deputati vengono contattati e contrattualizzati personalmente, rendendo la politica ridicola e inutile. Un unico patto associativo, indistinguibile e senza identità, se non quella spartitoria, ovviamente solo per piccole nicchie e minoranze, e non per tutti.
La paura è che sempre maggiori pezzi di società non toccati positivamente in servizi e diritti, visto che ci si occupa solo di prebende, si allontani ancor di più non andando a votare. Ma forse è proprio quello che vogliono alcuni dirigenti politici. Forse bisognerebbe mettere il quorum per le elezioni, e sufficientemente alto, come si fa per i referendum. Magari questo restituirebbe forza al voto popolare, rispetto ai blocchi sociali che votano esclusivamente per irrorazione del consenso.