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Il business dei check-up e dei pacchetti prevenzione, i medici: “Perché sono inutili”

Pubblicato: 03/07/2025 15:22
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In un periodo in cui il Servizio Sanitario Nazionale è in forte crisi, con liste d’attesa sempre più lunghe che impediscono l’accesso a esami fondamentali, diventa davvero inaccettabile assistere al dilagare di check-up e test di diagnosi precoce privi di efficacia, che generano solo sprechi. Il tutto, nell’indifferenza generale delle istituzioni sanitarie. Se da un lato è giusto che ciascuno possa spendere i propri soldi come preferisce, in ambito sanitario le autorità pubbliche dovrebbero garantire protezione contro pratiche fuorvianti e potenzialmente dannose, contrastando il crescente fenomeno del consumismo sanitario. Questa riflessione è al centro del documento “Vera e finta prevenzione. Fare più check-up non significa ridurre il rischio di ammalarsi”, redatto da Slow Medicine e sottoscritto da medici, esperti e giornalisti, inviato il 1° luglio 2025 al Ministro della Salute Orazio Schillaci. Il messaggio è chiaro: non si mette in discussione l’utilità degli esami mirati in presenza di sintomi o fattori di rischio, ma si critica la ricerca indiscriminata di malattie in soggetti sani. Slow Medicine chiede a istituzioni, sindacati e società scientifiche di non sostenere iniziative che propongono test diagnostici preventivi al di fuori degli screening con comprovata efficacia, e di agire contro chi diffonde messaggi pubblicitari ingannevoli che spingono le persone a sottoporsi a check-up inutili.
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Check-up e prevenzione: una falsa promessa

Oggi molte strutture – dalle cliniche private alle farmacie, fino ad assicurazioni e progetti di welfare aziendale – propongono “pacchetti prevenzionea pagamento o gratuiti, senza una reale prescrizione medica. Si tratta spesso di batterie di esami, analisi del sangue, ecografie e visite specialistiche spacciate come prevenzione efficace. L’idea suggerita è semplice quanto fuorviante: sottoporsi regolarmente a test per scoprire malattie nascoste, nella convinzione di curarle prima che diano sintomi. Questi pacchetti si rivolgono a ogni aspetto della salute: dall’alimentazione al benessere, dalla sessualità alla salute della pelle o del sistema endocrino. Vengono venduti come se fossero prodotti commerciali, con sconti, promozioni e possibilità di pagamento a rate. Alla fine si riceve un certificato di “salute” o un segnale d’allarme che porta a ulteriori visite, alimentando così un circolo vizioso. Il vero paradosso? Anche con esami nella norma, si può continuare a seguire abitudini scorrette – fumare, mangiare cibo spazzatura, bere alcol, evitare l’attività fisica – illudendosi di essere sani grazie ai check-up.

Cosa funziona davvero: gli screening raccomandati

La prevenzione efficace esiste, ma è selettiva. Solo alcuni screening hanno basi scientifiche solide, come:
– Pap test per il tumore del collo dell’utero (21-65 anni);
– Screening del colon-retto (50-75 anni);
– Mammografia per il tumore al seno (50-74 anni);
– Screening neonatali e controllo della pressione arteriosa a partire dai 18 anni.
Tutte le altre offerte preventive, spesso rivolte a persone sane e attente alla propria salute, non hanno solide evidenze scientifiche e finiscono per coinvolgere soprattutto chi ha meno bisogno.

liste d'attesa

5 motivi per cui i check-up generalizzati non funzionano

1) Non riducono il rischio di ammalarsi – Uno studio danese su oltre 250.000 persone seguite per decenni ha dimostrato che i check-up non influenzano significativamente la mortalità generale, né quella per cancro o malattie cardiovascolari. Gli effetti sono nulli o trascurabili.
2) I risultati possono essere fuorvianti – I test di laboratorio non danno diagnosi certe. Un valore fuori norma non indica automaticamente una malattia: può trattarsi di un falso positivo o negativo. Questi errori possono portare a inutili ansie, ulteriori test invasivi o terapie inappropriate.
3) Il rischio della sovra-diagnosi – Identificare lesioni che non avrebbero mai dato problemi può trasformare una persona sana in un paziente. Questo porta a trattamenti inutili, con i relativi effetti collaterali, senza alcun vero beneficio per la salute.
4) Un business redditizio per chi lo propone – Questi pacchetti sono spesso molto profittevoli per le strutture sanitarie private, che poi guadagnano anche su eventuali accertamenti successivi, a volte persino a carico del SSN.
5) Uno spreco di risorse – Secondo gli economisti sanitari, circa il 30% della spesa sanitaria – tra soldi pubblici, rimborsi assicurativi e spese personali – è sprecato in prestazioni inutili. Risorse che potrebbero essere meglio impiegate.

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