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“Può colpire così”. Arriva il primo drone-sommergibile: cos’è in grado di fare, da brividi

Pubblicato: 03/07/2025 11:36

Le organizzazioni criminali transnazionali investono costantemente in tecnologia per affinare le proprie strategie di traffico, reinventando mezzi e metodi per sfuggire ai controlli. Alcuni degli strumenti che fino a pochi anni fa sembravano fantascienza stanno oggi diventando realtà nei circuiti dello spaccio globale.

Tra soluzioni rudimentali e sistemi altamente sofisticati, emerge una nuova generazione di veicoli impiegati nel narcotraffico, capace di sfidare anche i più avanzati sistemi di sorveglianza. A confermarlo è una recente operazione militare condotta in Sudamerica.

Sulla costa della regione caraibica di Santa Marta, in Colombia, le forze armate locali hanno rinvenuto un drone semi-sommergibile di nuova concezione. Lo scafo, lungo diversi metri e capace di trasportare oltre una tonnellata di cocaina, era dotato di navigazione remota via satellite, grazie al sistema Starlink.

Secondo le prime ricostruzioni, l’imbarcazione – trovata su una spiaggia e apparentemente non ancora in uso – sarebbe stata in fase di test. Il probabile obiettivo finale era il trasporto verso gli Stati Uniti, sfruttando un mezzo difficile da intercettare e privo di equipaggio.

Si tratterebbe del primo caso documentato in Colombia di utilizzo di un drone marittimo con queste caratteristiche, un salto tecnologico rispetto ai classici narco-sub, veicoli a basso profilo con pilota umano, impiegati fin dagli anni ’90 per la rotta tra Sudamerica e America Centrale.

Questo nuovo tipo di natante consente maggiore autonomiariduce i rischi legati all’impiego di personale umano e rende il traffico meno esposto a intercettazioni. Anche se la capacità di carico è inferiore rispetto ai sottomarini tradizionali (1 tonnellata contro le 3-4 dei modelli con equipaggio), la facilità di impiego potrebbe amplificarne la diffusione.

Le autorità ipotizzano che la realizzazione del sistema satellitare sia stata possibile grazie all’apporto di tecnici stranieri specializzati in comunicazioni, coinvolti per configurare e monitorare i dispositivi a distanza. Una pratica non nuova: in Messico, ad esempio, alcuni cartelli hanno creato reti radio clandestine per coordinare operazioni sul territorio.

Il caso colombiano conferma l’evoluzione del narcotraffico in chiave hi-tech, aprendo nuovi interrogativi sul coinvolgimento di figure professionali esterne e sull’adattamento necessario da parte delle agenzie di contrasto.

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