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“Chi era davvero”. Omar ucciso da un’orsa mentre si fa un selfie: la scoperta dopo la tragedia

Pubblicato: 04/07/2025 17:06
omar farang zin

Una tragedia sconvolgente ha scosso la comunità di Samarate, in provincia di Varese, e non solo, con la notizia della morte di Omar Farang Zin, un motociclista di 48 anni attaccato e ucciso da un’orsa nei Carpazi rumeni.

L’incidente, avvenuto ieri, giunge a due giorni di distanza dall’ultimo post di Omar su Facebook, in cui con entusiasmo filmava un orso in avvicinamento, ignaro del destino che lo attendeva.

Chi era Omar Farang Zin

Omar Farang Zin era una figura ben conosciuta e apprezzata. Vedovo, lavorava da molti anni per la SEA, la società che gestisce l’aeroporto di Malpensa, dove era stato recentemente promosso autista. Originario di Gallarate, aveva vissuto a Samarate e poi a Lonate Pozzolo. Le sue passioni spaziavano dalla Juventus ai lunghi viaggi in moto, avventure che amava condividere sui social media.

Il suo ultimo post, datato 2 luglio, parlava di “paesaggi da favola” e della sua esperienza lungo la Transalpina e la Transfăgărășan, quest’ultima definita da Jeremy Clarkson di Top Gear come “la strada più bella del mondo”. In quel post, aveva menzionato gli “orsi bruni” come protagonisti della giornata, un presagio sinistro di quanto sarebbe accaduto.

Ucciso mentre tenta di fare un selfie con l’orsa

Le prime informazioni ufficiali delineano un quadro tragico e, purtroppo, evitabile. Affascinato dall’incontro con gli animali selvatici, Omar avrebbe accostato la sua moto per tentare di dar da mangiare a dei cuccioli d’orso. Un gesto dettato forse da ingenuità o da un desiderio di interagire con la natura selvaggia, ma estremamente pericoloso, soprattutto considerando la presenza della madre orsa nelle vicinanze. L’attacco è stato improvviso e letale. Il corpo di Omar è stato trascinato per diversi metri in un burrone, e gli uomini del soccorso hanno impiegato oltre un’ora per ritrovarlo.

La zona dell’incidente è notoriamente sovrappopolata di orsi, e le strade sono tappezzate di cartelli che avvisano i turisti del pericolo e li esortano a non dare cibo agli animali selvatici. Questo dettaglio aggiunge un’ulteriore nota di amarezza alla vicenda, suggerendo che le avvertenze fossero chiare, ma forse sottovalutate.

Il cordoglio della comunità

La notizia della scomparsa di Omar ha generato un’ondata di cordoglio e sgomento tra colleghi e amici, che sui social lo ricordano con affetto e rimpianto. Tuttavia, non sono mancate le critiche al suo gesto, giudicato imprudente e ingenuo, che ha provocato la reazione difensiva dell’orsa – anch’essa abbattuta in seguito all’attacco. Un collega, nel tentativo di mitigare le critiche, ha sottolineato come Omar non fosse affatto uno sprovveduto, avendo “girato il mondo”. Ha ipotizzato che potesse essere stato influenzato da altri turisti che fotografavano gli orsi, una pratica diffusa in Romania dove gli orsi sono molto più numerosi e si muovono quasi indisturbati rispetto, ad esempio, al Trentino.

La comunità di Ferno, paese d’origine della famiglia di Omar, si stringe nel dolore. La sindaca Sarah Foti ha espresso il cordoglio di tutta la comunità, ricordando come Omar fosse “da tutti conosciuto” e tornasse spesso per stare con i famigliari. La madre di Omar, scomparsa durante la pandemia, gestiva uno storico bar nel centro di Ferno, mentre la sorella gestisce tuttora una gelateria a pochi passi. “Il Sindaco, la Giunta, l’Amministrazione Comunale e tutti i fernesi si stringono intorno a Barbara e al papà Paolino in questo momento di profondo dolore,” ha dichiarato la sindaca, concludendo con un toccante tributo: “Caro Omar, non dimenticheremo mai il tuo sorriso e la tua gioia di vivere.”

La tragica fine di Omar Farang Zin è un monito severo sui pericoli insiti nell’interazione con la fauna selvatica e sulla necessità di rispettare le regole e gli avvisi nei territori in cui la natura regna sovrana. La sua storia rimane un triste esempio di come la passione per l’avventura possa incontrare un epilogo drammatico, lasciando dietro di sé una scia di dolore e interrogativi.

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