Vai al contenuto

Netanyahu contestato al kibbutz Nir Oz durante la prima visita dal 7 ottobre: “Assassino”

Pubblicato: 04/07/2025 09:32
Netanyahu contestato kibbutz assassino

Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano, è stato duramente contestato durante la sua prima visita al kibbutz Nir Oz, uno dei luoghi simbolo dell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Al suo arrivo, il premier è stato accolto da un gruppo di residenti con grida e cartelli: “Assassino”, hanno urlato alcuni familiari delle vittime e degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza. Una parola secca, carica di dolore e rabbia, che fotografa il clima di tensione crescente anche all’interno della società israeliana.
Leggi anche: Trump: “Difficile fermare Netanyahu, Israele sta vincendo. L’Europa non aiuta”

Il ritorno a Nir Oz, nove mesi dopo la strage

Il kibbutz Nir Oz, situato a pochi chilometri dal confine con la Striscia di Gaza, fu uno dei più colpiti durante l’attacco del 7 ottobre. Decine di civili furono uccisi, altri rapiti e portati oltreconfine. Il villaggio agricolo è divenuto un simbolo della tragedia che ha dato inizio alla nuova escalation di violenze tra Israele e Hamas.

Nonostante la portata dell’evento e le ripetute richieste da parte dei familiari delle vittime, Netanyahu non aveva mai visitato il kibbutz nei mesi successivi all’attacco. Il suo arrivo a Nir Oz è quindi apparso tardivo per molti residenti, che lo hanno accolto con ostilità. I manifestanti, in gran parte sopravvissuti e familiari degli ostaggi, hanno esposto cartelli con le foto dei loro cari ancora prigionieri e hanno accusato il governo di abbandono e inazione.

Le accuse delle famiglie degli ostaggi

Il cuore della protesta risiede in un’accusa ben precisa: il governo non ha fatto abbastanza per riportare a casa gli ostaggi. Dopo nove mesi di guerra, il ritorno di Netanyahu in uno dei luoghi della strage appare, per molti, come un tentativo politico tardivo, privo di reale empatia verso chi ha vissuto il dramma sulla propria pelle.

«Abbiamo chiesto a gran voce il suo intervento fin dai primi giorni», ha detto uno dei manifestanti. «È venuto solo ora, quando ormai è troppo tardi. Per noi, non è un leader, è un traditore, un assassino per omissione».

Il termine “assassino”, urlato con rabbia e registrato nei video che circolano in queste ore sui social e sui media israeliani, riassume il livello di sfiducia nei confronti dell’esecutivo. Un’accusa che non riguarda soltanto le scelte militari o diplomatiche, ma anche il modo in cui il governo ha gestito la crisi umanitaria e la comunicazione con le famiglie.

Netanyahu sotto pressione politica e sociale

L’episodio di Nir Oz arriva in un momento particolarmente delicato per Netanyahu, già sotto attacco da più fronti. In patria, è cresciuto il malcontento per l’apparente stallo nei negoziati con Hamas per la liberazione degli ostaggi. Le immagini dei manifestanti di Nir Oz si aggiungono a quelle delle continue proteste che, da mesi, si tengono a Tel Aviv e in altre città israeliane.

La percezione diffusa è che il premier stia anteponendo la sopravvivenza politica alle necessità umanitarie, allontanandosi sempre più da una parte significativa dell’opinione pubblica. Alcuni ex membri dell’intelligence e dell’esercito hanno recentemente criticato la gestione del post-7 ottobre, sostenendo che si sarebbe potuto fare di più, e meglio, per tutelare i civili e garantire un rientro sicuro degli ostaggi.

Un’immagine incrinata

La visita al kibbutz Nir Oz, lungi dal riabilitare l’immagine di Netanyahu, ha invece contribuito ad accentuarne la frattura con i cittadini più colpiti dalla guerra. Se l’intento era quello di mostrare vicinanza e ascolto, la risposta della popolazione locale ha mostrato l’esatto contrario: il premier è visto come distante, sordo e politicamente responsabile delle sofferenze attuali.

Per molti, la parola “assassino” non è solo una provocazione. È il simbolo del dolore non ascoltato, della promessa non mantenuta, dell’isolamento delle comunità colpite. Il kibbutz Nir Oz, con i suoi edifici danneggiati e le sue famiglie lacerate, continua a rappresentare un nodo irrisolto nella coscienza collettiva di Israele.

La contestazione a Netanyahu potrebbe segnare un punto di svolta nel rapporto tra il governo e le comunità civili. Le prossime settimane diranno se la sua leadership sarà in grado di ricucire lo strappo, o se la frattura diventerà irreversibile.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure