
WASHINGTON – Prima di salire sull’aereo per l’Iowa, Donald Trump ha risposto secco a una domanda sul colloquio con Vladimir Putin. Nessuna apertura, nessuna svolta, nessuna concessione. Solo una frase che pesa come un macigno: “Non ho fatto nessun progresso sull’Ucraina con lui”.
Uno scambio teso, nessun risultato
Il colloquio telefonico, durato circa un’ora, è stato definito “franco” dallo staff dell’ex presidente, ma lo stesso Trump ha ammesso che l’incontro non ha prodotto nessuna novità. Anzi: ha espresso “profonda insoddisfazione” per lo stato del conflitto, ribadendo a Putin che “non sono contento” della piega presa dalla guerra.
Putin, da parte sua, non avrebbe mostrato alcuna intenzione di ammorbidire la propria linea. Secondo quanto riferito da Trump, il presidente russo ha ripetuto i soliti argomenti: la NATO, la sicurezza russa, le “provocazioni” occidentali. Temi che, dal punto di vista americano, non bastano più.
Il nodo degli aiuti a Kiev
Trump ha poi affrontato un altro tema spinoso: la sospensione, parziale, degli aiuti militari all’Ucraina. “Stiamo ancora fornendo armi”, ha precisato, “ma dobbiamo essere sicuri di non restare sguarniti”. Il riferimento è al dibattito interno sugli stock americani, in particolare sui sistemi di difesa a lungo raggio.
Questa posizione, seppure giustificata sul piano strategico, ha provocato inquietudine a Kiev, dove la leadership ucraina teme una svolta meno generosa rispetto al passato. Le pressioni sull’amministrazione americana si sono fatte più intense.
Zelensky chiede un confronto diretto
A stretto giro, Volodymyr Zelensky ha fatto sapere di voler parlare con Trump. Il presidente ucraino cerca rassicurazioni, ma anche chiarezza: quali saranno, nei prossimi mesi, le priorità americane? Il congelamento di alcuni invii è temporaneo o l’inizio di un cambio di rotta?
In Ucraina si guarda con crescente preoccupazione al futuro delle forniture di munizioni, missili antiaerei e veicoli blindati, essenziali per difendere le linee attuali, soprattutto nelle zone calde del fronte orientale.
Il fronte resta instabile
Mentre i leader parlano, la guerra non si ferma. Nelle ultime 24 ore, nuovi attacchi russi hanno colpito aree residenziali, infrastrutture energetiche e vie di comunicazione. La linea del fronte, benché fluida, resta fragile e ogni rallentamento negli aiuti occidentali potrebbe tradursi in una perdita di terreno.
Trump ha ribadito che l’America non intende abbandonare l’Ucraina, ma ha anche lasciato intendere che il conflitto non può diventare una “guerra infinita” pagata solo da Washington. La posizione resta ambigua.
Nessun passo avanti, solo parole
La telefonata con Putin segna un momento di cristallizzazione. Nessun passo avanti verso un cessate il fuoco. Nessuna trattativa concreta. Solo la conferma che le posizioni restano distanti, e che la guerra — almeno sul piano diplomatico — è entrata in una nuova fase di stallo.
Trump sembra voler mantenere una posizione di forza, ma senza farsi trascinare in promesse. Putin, allo stesso tempo, sembra voler guadagnare tempo. Il risultato è una conversazione simbolica ma inconcludente.