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Netanyahu boccia Hamas: “Modifiche inaccettabili, niente tregua”

Pubblicato: 05/07/2025 23:24

Il messaggio è stato chiaro fin dalle prime righe della nota diffusa dall’ufficio del primo ministro: le modifiche proposte da Hamas sono “inaccettabili” per Israele. Ma nonostante il secco rifiuto, Benyamin Netanyahu ha ordinato alla delegazione negoziale israeliana di ripartire per Doha, accettando l’invito dei mediatori e mantenendo aperto il tavolo sulla base della proposta del Qatar, già accolta da Tel Aviv prima dell’ultima risposta del gruppo palestinese.

Una mossa a doppio binario, che tiene il fronte militare acceso ma non spegne la linea diplomatica. E soprattutto rilancia il tema che più di ogni altro muove oggi l’opinione pubblica israeliana: la liberazione degli ostaggi.

Ostaggi al centro del negoziato, ma Hamas teme il bluff

Secondo quanto riferito da un funzionario israeliano, la delegazione partirà domenica. Obiettivo dei colloqui indiretti: costruire le condizioni per un cessate il fuoco di due mesi, durante i quali affrontare i nodi politici e militari del conflitto nella Striscia di Gaza.

Ma intanto Hamas, i cui vertici risiedono nella capitale del Qatar, ha diffuso istruzioni di sicurezza ai propri uomini: teme che Israele approfitti del clima di tregua imminente per lanciare blitz, compiere omicidi mirati, o provare a liberare con la forza i circa 20 ostaggi ancora in vita, su 50 prigionieri stimati.

Settantina di vittime a Gaza, razzi su Israele

Sul terreno la tensione resta altissima. Fonti mediche palestinesi parlano di almeno 70 morti nelle ultime 24 ore a Gaza. L’Idf afferma di aver ucciso “decine di terroristi” e distrutto depositi di armi e centri di comando. In serata due razzi sono stati lanciati dalla Striscia verso il Negev, ma intercettati dai sistemi di difesa israeliani.

Il gabinetto di sicurezza si riunirà alle 22 ora locale per definire il mandato della delegazione che andrà a Doha. Subito dopo, Netanyahu partirà per Washington, dove incontrerà il presidente Donald Trump alla Casa Bianca.

La battaglia degli aiuti e lo scontro sulla Gaza Foundation

Uno dei temi più divisivi dei negoziati riguarda la gestione degli aiuti umanitari. Nella sua risposta, Hamas ha chiesto tre modifiche alla bozza americana, fra cui la rimozione della Gaza Humanitarian Foundation (Ghf) dalla distribuzione dei pacchi, affidando di nuovo la gestione all’Onu.

Israele e Stati Uniti si oppongono, sostenendo che il vecchio sistema ha permesso a Hamas di appropriarsi degli aiuti per i suoi miliziani o per lucrarci sul mercato nero. Proprio oggi, due operatori americani della Ghf sono rimasti feriti da granate a Rafah. Tsahal ha accusato Hamas di aver organizzato l’attacco.

Khamenei torna in pubblico, Meloni chiama Netanyahu e l’Emiro del Qatar

In una rara apparizione, la prima dopo la tregua del 24 giugno, la Guida suprema iraniana Ali Khamenei è riemersa in pubblico partecipando a una cerimonia religiosa a Teheran. Il suo ritorno avviene in un momento in cui l’Iran osserva da vicino i movimenti nella regione, dopo settimane di silenzio.

Intanto la premier Giorgia Meloni ha avuto due colloqui telefonici: uno con Netanyahu e uno con l’Emiro del Qatar Tamim bin Hamad al Thani. Al centro, l’urgenza di giungere a un cessate il fuoco reale e garantire accesso umanitario pieno e sicuro alla popolazione civile di Gaza. I contatti erano stati avviati durante il G7 di Kananaskis.

Famiglie contro le “liste di Schindler”: “Vogliamo tutti gli ostaggi”

Nel frattempo, in Israele cresce la rabbia. A Tel Aviv e in altre città, migliaia di manifestanti si sono uniti alle famiglie degli ostaggi, che si oppongono con forza a un rilascio a fasi. Il Forum delle famiglie ha criticato l’idea che solo alcuni rapiti vengano liberati in questa fase: “È vietato conformarsi alle liste di Schindler che vengono dettate. È un metodo che genera un’incertezza insopportabile”.

Una frase dal peso simbolico fortissimo, che mostra quanto sia ormai centrale per l’opinione pubblica israeliana la richiesta di un accordo che riporti tutti a casa, senza gerarchie o priorità. Anche questo, domenica, sarà sul tavolo di Doha. E sulla coscienza di chi dovrà decidere.

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