
«Non ho dato il consenso perché non è mia figlia, è la figlia di mio fratello». Con queste parole, pronunciate davanti ai giudici del Tribunale per i minorenni di Firenze, un uomo ha di fatto sancito la propria uscita dalla vita di una bambina. Dichiarazioni che hanno spinto il tribunale a sospenderlo dalla potestà genitoriale, nominando un curatore speciale per la minore e attivando l’intervento dei servizi sociali.
I fatti risalgono alla scorsa primavera. La bambina, residente nel Pistoiese, avrebbe dovuto sottoporsi a una risonanza magnetica sotto sedazione, un esame diagnostico che richiede il consenso di entrambi i genitori. La madre, però, non è riuscita a ottenerlo dal compagno, e il procedimento si è arenato. Il tribunale, in attesa che i giudici ordinari stabiliscano l’effettiva paternità biologica, ha scelto di agire nell’interesse esclusivo della minore, rimuovendo l’uomo dalla responsabilità genitoriale.

Ora la madre è l’unica titolare della responsabilità genitoriale, affiancata dal curatore della bambina. Saranno loro, con il supporto degli operatori sociali, a decidere in piena autonomia se e quando sottoporre la minore a esami diagnostici, visite mediche e terapie necessarie. L’ordinanza pubblicata nei giorni scorsi è temporanea, in attesa che venga fatta chiarezza su altri aspetti della vicenda.
L’uomo, ascoltato dai giudici, è stato categorico: «Sono d’accordo con la mia sospensione. Non è mia figlia, è di mio fratello. Non ne voglio più sapere». Ha raccontato di aver scoperto tutto tramite un test del DNA, e da quel momento avrebbe tagliato ogni legame con la madre della bambina. «Vivo da solo, lavoro al magazzino di un supermercato, non voglio più responsabilità che non mi spettano», ha dichiarato.
Il servizio sociale, già coinvolto dal 2022 per sostenere la madre in difficoltà socio-economiche, continuerà ora il percorso di monitoraggio e supporto. Il curatore nominato dal tribunale avrà il compito di vigilare sulla tutela dei diritti della bambina, garantendole stabilità, ascolto e accesso alle cure.
«Quando ho ricevuto il risultato del test del DNA – ha raccontato ancora l’uomo – ho chiamato la madre e le ho detto di non chiedermi più nulla. Se ha bisogno, si rivolga a mio fratello, che è il padre». Ma la questione resta aperta: il tribunale ha chiarito che la paternità biologica dovrà essere accertata in altra sede, e che la priorità adesso era esclusivamente la salute e la protezione della minore.
In aula, la madre ha accolto con sollievo il provvedimento: «Adesso mia figlia sta bene. È rimasta in ospedale solo un giorno, poi è tornata a casa. Ma ha bisogno della risonanza per capire cos’è successo ad aprile, quando ha avuto quella crisi». La donna ha sottolineato di non aver mai avuto collaborazione dal compagno, che ha abbandonato la bambina quando aveva appena due mesi.
Oggi la madre vive con la figlia in una casa in affitto nel Pistoiese, aiutata dai servizi sociali e da alcuni vicini di casa solidali. «Mia figlia non ha mai chiesto del padre. È cresciuta così», ha detto. E mentre il tribunale dei minori si è limitato a prendere decisioni urgenti a tutela della salute della bambina, le questioni legate alla genitorialità legale e biologica saranno affidate ad altri giudici.
In attesa che la giustizia faccia il suo corso, la bambina ha finalmente davanti a sé un percorso più sereno, con adulti che potranno decidere per lei in modo chiaro e responsabile. Un passaggio fondamentale per garantire diritti, cure e stabilità a una minore che, fino a oggi, è cresciuta tra conflitti, rifiuti e incertezze.