
Non c’è più distanza di sicurezza, né geografia che tenga. Settemila chilometri dalle trincee del Donbass, la guerra è arrivata anche a Vladivostok, sul Mar del Giappone, dove i droni ucraini hanno colpito i gasdotti della flotta russa del Pacifico, provocando esplosioni e incendi. Intanto Kiev è stata nuovamente presa di mira: l’aeroporto militare di Zhuliany, a sud della capitale, è stato attaccato dai missili di Mosca, che sostengono di aver distrutto sistemi Patriot, droni e missili a lungo raggio.
Il Cremlino alza il tiro, ma subisce colpi sempre più precisi nelle retrovie. I raid ucraini hanno centrato impianti strategici a Cheboksary, dove si producono antenne per i droni Shahed e i missili Iskander, e nuovi attacchi sono stati confermati nelle regioni di Voronezh ed Engels, hub dei bombardieri Su34 e Su35S. Colpiti depositi di bombe aeree guidate e un aereo da addestramento. Una mappa della guerra che si allunga e si frammenta, dalla Transnistria al Pacifico, fino a diventare una ragnatela.
Colpito un gasdotto strategico
Secondo fonti militari di Kiev, il drone esploso a Vladivostok ha danneggiato un tratto del gasdotto attivato a marzo, fondamentale per alimentare la 155ª brigata della Flotta del Pacifico. La deflagrazione ha provocato anche l’interruzione dell’acquedotto militare, lasciando senza acqua intere basi operative. È un colpo inedito: il primo attacco documentato nel profondo oriente russo, lontano da ogni fronte noto, e dalla forte carica simbolica.
Poco prima erano stati colpiti altri impianti militari russi: una fabbrica a Izhevsk, un’industria missilistica a Yelets, un impianto chimico a Belgorod. Una campagna mirata e sistematica, che lascia intendere che Kiev punti ora a logorare la capacità produttiva bellica di Mosca.
Zelensky: accordi industriali con Usa e Danimarca
Di fronte alla crescente riluttanza di Washington, e al pressing del Congresso sul tema della spesa, Zelensky cambia passo. Invece di chiedere nuove armi, firma intese per costruirle insieme: con una compagnia americana per la produzione congiunta di droni e con la Danimarca per l’apertura del primo impianto bellico ucraino fuori dai confini. Un segnale di autonomia e lungimiranza.
Il leader ucraino ha definito la telefonata con Donald Trump “la migliore di sempre”, lasciando intendere che l’invio dei Patriot potrebbe sbloccarsi nei prossimi giorni. Anche se il tycoon, sempre attento a non rompere con Mosca, non si è impegnato formalmente. Al termine della chiamata ha però usato parole dure: “Putin vuole solo continuare a uccidere. Mi ha deluso”.
Offensiva d’estate e fragili trattative
I negoziati intanto proseguono: atteso un nuovo scambio di prigionieri e un terzo round di colloqui in sede neutra. Ma sul terreno si combatte come non accadeva da settimane: quattro morti civili a Donetsk e uno a Kiev negli ultimi attacchi. Le forze russe avanzano lentamente, ma continuano a guadagnare terreno. L’Ucraina risponde con raid profondi nel territorio nemico e una strategia logistica che mira a interrompere catene di rifornimento, comunicazioni e produzione militare.
Un’estate che doveva essere quella della pace, come molti speravano dopo il cessate il fuoco tra Israele e Iran, sta diventando la stagione più instabile del conflitto ucraino. E l’America resta sospesa: alleata imprescindibile, ma sempre più impaziente.