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Nuova legge elettorale, da Rosatellum a Provincellum: cosa potrebbe cambiare

Pubblicato: 06/07/2025 14:42
nuova legge elettorale

Il dibattito sulla nuova legge elettorale in Italia sta finalmente uscendo dall’ombra, assumendo contorni sempre più definiti e rivelando le complesse dinamiche che animano il panorama politico attuale.

Dopo un avvio in sordina, le sollecitazioni delle opposizioni, in particolare della minoranza del Partito Democratico, hanno accelerato il confronto, mettendo in luce le diverse visioni su come garantire maggiore rappresentatività e governabilità.

La richiesta di preferenze e il tramonto del Rosatellum

La richiesta di introdurre le preferenze per la scelta di deputati e senatori, avanzata con forza da Stefano Bonaccini e Piero De Luca, entrambi esponenti della minoranza Dem, ha riacceso un dibattito di lunga data. Non è un caso che questo tema sia al centro del confronto anche all’interno della maggioranza, segno di una diffusa insoddisfazione per l’attuale sistema, il Rosatellum. Questo modello ibrido, che prevede l’elezione di un terzo dei parlamentari in collegi uninominali maggioritari e due terzi con metodo proporzionale in piccole circoscrizioni con liste bloccate, ha mostrato i suoi limiti. Le elezioni del 2022 ne sono state una chiara dimostrazione: il centrodestra, pur ottenendo il 44% dei voti, ha conquistato un impressionante 60% dei seggi grazie alle divisioni del centrosinistra nei collegi uninominali. Questo ha generato una sovrarappresentazione che molti considerano distorsiva e poco fedele alla volontà popolare espressa.

Le ipotesi del centrodestra: proporzionale con premio di maggioranza e il “porcellum” rivisitato

Gli “sherpa” dei partiti di centrodestra – Giovanni Donzelli (Fdi), Alessandro Battilocchio (Fi), Andrea Paganella (Lega) e Pino Bicchielli (Noi Moderati) – starebbero convergendo su un’ipotesi che ricorda un passato recente: un sistema proporzionale con un premio di maggioranza per la coalizione che superi una soglia predeterminata, ad esempio il 40% o il 42%. Questa formula evoca inequivocabilmente il “Porcellum”, il sistema dichiarato incostituzionale dalla Consulta a causa delle sue lunghe liste bloccate. Per aggirare l’ostacolo della incostituzionalità e “costituzionalizzare” tale sistema, emerge l’idea di reintrodurre le preferenze. Questa soluzione, peraltro, è fortemente sollecitata da Forza Italia, con Antonio Tajani e Battilocchio in prima linea.

Le resistenze alle preferenze: costi e “fedelissimi”

Nonostante il richiamo alla partecipazione democratica, l’introduzione delle preferenze incontra notevoli resistenze. Una vecchia proposta di Ignazio La Russa, che prevedeva capilista bloccati e preferenze per gli altri candidati, rappresenta un tentativo di compromesso. Tuttavia, in molti partiti si teme che le preferenze possano essere bocciate in aula con un voto a scrutinio segreto. Le ragioni sono molteplici e toccano nervi scoperti della politica italiana: le preferenze sono sgradite non solo ai leader di partito, che perderebbero la certezza di “piazzare” i propri fedelissimi in Parlamento, ma anche a molti semplici parlamentari. La corsa alle preferenze è infatti notoriamente dispensiosa dal punto di vista finanziario e genera una competizione interna che può indebolire l’unità del partito. Il rischio è che prevalgano logiche clientelari e che l’onestà e la preparazione dei candidati vengano sacrificate sull’altare della capacità di reperire risorse e mobilitare consenso attraverso campagne personali.

Il “provincellum”: un ritorno al passato?

Nelle ultime settimane, una delle ipotesi emerse è il recupero di un sistema utilizzato per il Senato fino al 1992 e per le province fino al 2014, da cui il nome di “Provincellum”. Questo modello prevede, in ogni circoscrizione, tanti collegi uninominali quanti sono i seggi da assegnare. In ciascun collegio, i partiti presentano i propri candidati. La peculiarità sta nella distribuzione dei seggi, che avviene in modo proporzionale ai voti ottenuti dai partiti, i quali eleggono i candidati che hanno raccolto il maggior numero di preferenze nei rispettivi collegi. Si tratta di un sistema che cerca di conciliare la territorialità del collegio uninominale con la proporzionalità nella ripartizione dei seggi, rappresentando un tentativo di mediazione tra le diverse esigenze.

La posizione di Giorgia Meloni: premierato e proporzionale

Nel cuore di questo fervido dibattito, Giorgia Meloni interviene per chiarire la posizione del governo. Sottolineando che la materia è di esclusiva competenza parlamentare, la Presidente del Consiglio nega qualsiasi iniziativa governativa in merito. Tuttavia, non si sottrae a una sua valutazione personale: “personalmente credo che sarebbe positivo avere una legge elettorale che vada bene anche quando venisse approvato il premierato”. In questo scenario, Meloni suggerisce che un proporzionale con indicazione del premier e premio di maggioranza sarebbe una legge “giusta”. Questa affermazione è significativa, poiché lega a doppio filo la riforma della legge elettorale a quella del premierato, delineando una visione di sistema in cui la stabilità governativa e la chiarezza nell’indicazione del leader siano prioritarie, pur mantenendo una base proporzionale per la rappresentatività.

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