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Garlasco, impronta 33: “Ecco cosa c’è davvero”. Svolta totale

Pubblicato: 07/07/2025 13:58

Nelle ultime ore si è aperta una nuova fase nel processo in corso sull’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco: una consulenza depositata oggi ha riacceso il dibattito attorno alla celebre “impronta 33“. Si tratta di un elemento che aveva destato grande attenzione nelle indagini più recenti, arricchendo il quadro accusatorio a carico di Andrea Sempio. Ma l’ultimo sviluppo promette di cambiare radicalmente le carte in tavola.

Il colpo di scena, però, arriva solo dopo un’attenta analisi terminata oggi, lasciando ancora aperti numerosi interrogativi. Resta da capire quale sia la reale natura della traccia e se possa ancora essere considerata un elemento chiave all’interno del procedimento giudiziario. Il nuovo scenario, in ogni caso, apre a possibili revisioni delle posizioni assunte finora.

Contestazione dell’impronta 33: due esperti contro i pm

Nel documento depositato oggi a Milano, i consulenti della difesa di SempioLuciano Garofano e Luigi Bisogno — mettono in discussione due aspetti fondamentali del metodo seguito finora: la qualità del reperto e il tipo di traccia chimica presente.

Garofano, ex comandante del RIS, contesta soprattutto l’approccio usato dai periti della Procura di Pavia per attribuire all’impronta 33 la mano di Sempio: secondo la difesa, la consulenza ufficiale si sarebbe basata su 15 minuzie dattiloscopiche, ovvero dettagli anatomici del palmo, ma senza averle mai fotografate e documentate con rigore. I consulenti difensivi affermano che la corrispondenza oggettiva sarebbe limitata a appena 5 punti, un valore giudicato quasi irrilevante in ambito forense e insufficiente a stabilire un’identificazione certa.

La novità: non sangue, ma sudore

Il cuore della nuova contestazione riguarda la cosiddetta “macchia ipotenare” – la zona scura sotto l’impronta – finora considerata ematica. Garofano e Bisogno, invece, sostengono con fermezza che si tratti di accumulo di sudore, non di sangue. Un dettaglio chimico apparentemente tecnico, ma potenzialmente decisivo: se la traccia è sudore, la si potrebbe interpretare come frutto di un contatto ordinario e innocuo, e non come residuo biologico legato a un atto violento.

Secondo i consulenti difensivi, l’accumulo di sudore è compatibile con un contatto prolungato o ripetuto della mano contro il muro, ma non prova in alcun modo che l’indagato abbia commesso il delitto. Questa lettura contrasta nettamente con le prime analisi della Procura, che invece presentavano l’impronta come elemento cardine dell’indagine.

Implicazioni per l’accusa

L’ipotesi difensiva rende l’impronta quasi invalida come prova probatoria, se non priva della sua presunta valenza ematica. In termini pratici, l’assenza di sangue indebolisce l’idea che la mano fosse usata nel momento dell’aggressione. Se la traccia è di sudore, la sua presenza potrebbe essere spiegata con circostanze molto diverse, come una semplice frequentazione della casa in giorni precedenti.

Questo dettaglio tecnico-scientifico diventa una risorsa strategica nella battaglia difensiva, che punta a minare il presunto collegamento diretto tra Sempio e l’omicidio.

La strategia della difesa

I legali di Sempio, Massimo Lovati e Angela Taccia, hanno commissionato questa integrazione alla consulenza per disinnescare l’“arma” più potente dell’accusa. Già nelle fasi precedenti del procedimento, avevano chiesto un incidente probatorio mirato a chiarire i profili tecnici emersi – ma la richiesta era stata respinta. Questo aggiornamento prova a sostituirsi a quella mancata verifica, fornendo alla Corte elementi sostanziali su cui riflettere.

Ora la palla passa alla Procura di Pavia, che dovrà rispondere formalmente ai rilievi presentati. Sono attesi nel breve periodo un confronto tecnico tra periti, per valutare la controperizia difensiva, e una valutazione del reperto sotto il profilo chimico-biologico, eventualmente anche con nuove analisi specifiche. Non è escluso un processo di revisione delle conclusioni precedenti, se emergesse che la natura della traccia è confermata essere sudore.

Chiara Poggi e il contesto originale

L’impronta 33 risale al 2007: fu ritrovata sul muro che conduceva alla cantina della villetta di Garlasco, dove fu rinvenuto il corpo di Chiara Poggi. Per anni era rimasta sullo sfondo, ritenuta di scarso valore. Solo recentemente è stata rianalizzata con tecniche digitali aggiornate, arrivando a un’identificazione considerata convincente dal pool della Procura.

Il deposito odierno rappresenta una svolta cruciale: se la mappatura delle minuzie papillari è smentita, e se la macchia non è ematica ma sudata, l’impronta 33 perderebbe quasi totalmente il suo peso probatorio. Un esito dalle potenzialità destabilizzanti per l’impianto accusatorio.

Adesso il confronto si sposterà sul terreno tecnico e giuridico, con test peritali che potrebbero ridefinire le dinamiche finora ricostruite. Resta alta l’attenzione sul prosieguo dell’iter legale, che potrebbe segnare un punto di svolta nella lunga vicenda di Garlasco.

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Ultimo Aggiornamento: 07/07/2025 14:53

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