
“Almeno hanno rifatto le strade…”. Un’affermazione che suona quasi come un sospiro di sollievo, un ringraziamento sussurrato per un beneficio tanto atteso quanto dovuto. La presenza del Papa a Castel Gandolfo, con le bandiere vaticane che sventolano accanto al tricolore italiano, è un evento che, pur nella sua sacralità, si intreccia profondamente con la vita quotidiana del borgo.
Eppure, il ricordo del “tradimento” di Papa Francesco, che per dodici anni ha rinunciato alla residenza estiva, rimane ancora vivo per alcuni, mentre per altri ha rappresentato una straordinaria opportunità. La storia ci offre una chiave di lettura fondamentale per comprendere questa duale percezione.
Una tradizione secolare e le sue interruzioni
In quasi cinquecento anni di storia, dalla scelta di papi illustri come Urbano VIII di villeggiare prima a Frascati e poi a Castel Gandolfo, la presenza papale non è stata affatto continua. Ci sono state lunghe interruzioni, a volte superiori ai quarant’anni. I dodici anni di assenza di Papa Bergoglio, dunque, si rivelano essere un’inezia se confrontati con il passato. La sua decisione, dettata da un voto di povertà e sobrietà, ha però donato al mondo un’opportunità senza precedenti: la trasformazione del Palazzo Pontificio in un museo permanente. Le Ville Pontificie, storicamente inaccessibili, si sono aperte al pubblico, un evento che non aveva eguali nella storia. Gabriele Mariani, gestore dello storico Antico Hotel Ristorante Lucia Pagnanelli, osserva con ottimismo: “Questa scelta ha aiutato moltissimo. Ci attendiamo che papa Leone la confermi, come già ha fatto quest’anno, per gli anni a venire”.

L’attesa per l’arrivo di Papa Leone e la nuova “dimora”
La notizia dell’arrivo di Papa Leone ha fatto il giro del mondo, rimbalzando sulle pagine dei giornali internazionali. Don Taduesz Rozmus, parroco di San Tommaso, ha persino offerto scherzosamente la sua Kawasaki al Pontefice, dimostrando un’accoglienza entusiasta. Questa volta, però, Papa Leone non alloggerà nella storica dimora papale, bensì nella vicina Villa Barberini, dove da decenni sono stati allestiti tra i giardini più belli del mondo.
Qui il Pontefice avrà a disposizione una piscina, voluta da Giovanni Paolo II, e un campo da padel, un chiaro segnale della sua passione per il tennis. La quiete dei giardini, il cui ingresso questa mattina era rigorosamente interdetto, è garantita da steward che con sorrisi enigmatici celano i movimenti del Papa. Il paese dei Castelli era già a conoscenza dell’arrivo del Pontefice dalla fine di maggio.
In Piazza della Libertà, la piazza principale dove il Papa si affaccerà per l’Angelus il 13 luglio, si registra una presenza massiccia di forze dell’ordine, più che di turisti, a testimonianza delle stringenti misure di sicurezza. L’immagine di Leone XIV che, con una narrazione già leggendaria, ordina al conducente del SUV di “tirare il freno a mano” e scendere, è un aneddoto che si aggiunge al folclore locale.
La rinascita del borgo e le sue sfide
L’apertura del museo ha rappresentato un vero e proprio catalizzatore per il risveglio di Castel Gandolfo. Un tempo privo di bed and breakfast, il borgo ne pullula ora. Il Corso della Repubblica, un tempo spoglio e senza vita, è oggi animato da tavoli che occupano stabilmente la via, trasformata in isola pedonale. Anche i due bar su Piazza della Libertà, dove il corso sfocia, hanno riacquistato vitalità, offrendo aperitivi e taglieri tutto l’anno. Stefano, dello storico bar Carosi, non nasconde la sua soddisfazione: “Avevamo bisogno del Papa, c’è un rapporto con la sua figura che va al di là. Da tre giorni è tutto un dire, vociare, è festa per noi”. Tuttavia, la presenza papale porta anche delle sfide. I locali sul corso, tra cui “Di Padre in Figlio”, premiato da “Quattro Ristoranti”, dovranno rimuovere i tavoli più volte al giorno per motivi di sicurezza durante i quindici giorni di permanenza papale. Un sacrificio silenzioso, ma visibile dalle bandiere bianco-gialle esposte.

Un legame indissolubile: il debito di riconoscenza
Giulia Agostinelli, portavoce del sindaco, cattura perfettamente l’essenza del rapporto tra Castel Gandolfo e il Pontefice: un legame intimo che si tramanda da generazioni. La storia dei cittadini di Castel Gandolfo salvati dal Papa durante i bombardamenti americani è un capitolo indelebile nella memoria collettiva. Dopo lo sbarco di Anzio, le forze anglo-americane, nel loro difficile avanzamento verso Roma, bombardarono le aree in cui si riteneva ci fossero postazioni naziste. Migliaia di profughi dai paesi dei Castelli e da Castel Gandolfo trovarono rifugio nelle Ville Pontificie, nelle stesse stanze oggi adibite a museo.2 Durante il conflitto, circa 12.000 persone furono ospitate all’interno delle Ville. Nacquero anche dei bambini, a cui fu dato il nome di Papa Pacelli – Pio o Eugenio e Eugenia – in segno di gratitudine. Un debito di riconoscenza che i cittadini sentono ancora oggi, un legame che trascende il tempo.
Tra glorioso passato e opportunità mancate
Alcide De Gasperi, non avendo una casa a Roma, trovò rifugio e poi residenza stabile a Castel Gandolfo, in una sobria villa che si affaccia sul lago, a ottocento metri da Piazza della Libertà. Pio XII e Paolo VI, a vent’anni di distanza l’uno dall’altro (1958 e 1978), morirono nel letto papale della Villa Pontificia, suggellando un legame indissolubile con il luogo. Castel Gandolfo visse un altro momento di popolarità durante le Olimpiadi del 1960, quando ospitò le gare di canottaggio. Tuttavia, quelle strutture furono in seguito lasciate marcire, e ciò che restava è stato rimosso dal teatro del lago. “Peccato”, commenta Daniela, che da anni gestisce uno stabilimento. Un peccato, sì, perché l’entusiasmo per il ritorno del Papa ha riacceso la discussione su possibili ascensori dalla stazione ferroviaria al paese, quando in realtà c’era già qualcosa che avrebbe potuto essere conservato e valorizzato. Papa Leone XIV rimarrà fino al 20 luglio e farà ritorno a Ferragosto.3 Sarà interessante osservare nel tempo l’impatto duraturo di questa rinnovata presenza papale sul futuro del borgo.