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Sinner vince, ma si inchina a Dimitrov: “Non mi sento per niente un vincitore”

Pubblicato: 07/07/2025 22:16

Non è stata una vittoria, è stato un addio silenzioso. Una scena di sport che si trasforma in umanità, e che lascia il pubblico senza voce. Sul centrale di Wimbledon, Jannik Sinner si stava aggrappando a una rimonta disperata, sotto di due set e in netta difficoltà, quando Grigor Dimitrov, in vantaggio 7-6 7-6 1-2, si è accasciato a terra dopo un servizio. Spalla ko, dolore lancinante, fine della partita. Ma non del rispetto.

Sinner ha lasciato cadere la racchetta e si è avvicinato a Dimitrov. Non ha esitato: si è chinato, ha preso la borsa dell’avversario, gliel’ha portata fino agli spogliatoi, accompagnandolo tra gli applausi. Poi è tornato in campo, ha respirato a lungo, e ha detto le sue prime parole. Non sulla vittoria, ma sull’amico.

“Grazie per essere rimasti. Un bruttissimo colpo, è difficile trovare le parole. Mi spiace mettervi in questa posizione, soprattutto dopo aver visto un collega soffrire così. Cosa penso? Non so cosa dire”, ha confessato il numero uno d’Italia. Le mani nei capelli, il volto tirato. Più che un vincitore, sembrava un compagno in lutto.

“Non mi sento per niente un vincitore”

“È un giocatore incredibile. L’ha dimostrato oggi. In passato è stato così sfortunato negli ultimi due anni. È un buon amico, ci conosciamo bene. Vederlo così… se ci fosse stata una chance per lui di giocare il prossimo turno, se la sarebbe meritata. Gli auguro di recuperare il più in fretta possibile”, ha continuato, mentre lo stadio lo ascoltava in silenzio.

“Non mi sento per niente un vincitore”, ha ammesso senza retorica, come se lo sport, per un attimo, avesse perso senso. “È un momento sfortunatissimo per tutti noi che l’abbiamo visto. Sempre ha avuto tutti questi infortuni negli ultimi Slam. Sono terribili. Sappiamo quanto lui tiene a questo sport, è uno dei lavoratori più bravi”.

Poi, con un filo di voce: “Grazie a voi per essere venuti, ma questo non è il finale che ci saremmo augurati. Auguriamogli il meglio, facciamogli un applauso”. E il Centrale si è alzato in piedi.

Una vittoria senza esultanza, un rispetto che vale più di un trofeo

Niente braccia al cielo, nessun urlo liberatorio. Solo un lungo, composto tributo al rivale che esce di scena nel modo più ingiusto. Sinner ha vinto, ma non lo ha detto. Non lo ha fatto pesare. Non ha neppure lasciato intuire soddisfazione. Ha fatto quello che doveva fare un grande signore, e lo ha fatto in silenzio.

In quel gesto – la borsa presa, la camminata fianco a fianco, lo sguardo basso – c’è tutto il codice non scritto del tennis. E c’è anche una generazione che ha capito che la grandezza non si misura solo in game e set.

Alla fine della giornata, Wimbledon ha registrato una nuova pagina di sport. Non per il risultato, ma per la memoria. Di quando un numero uno si è chinato, ha fatto da scudo a un amico sconfitto dal caso, e ha ricordato a tutti che non si è campioni solo quando si vince.

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