
È arrivata la sentenza per la morte di Rosa Biondo, 54 anni, di Carini, deceduta nel maggio 2018 dopo un’operazione per un’ernia ombelicale presso la casa di cura Orestano. Il chirurgo Beniamino Sacco e l’infermiera Malgorzata Sadowska sono stati condannati rispettivamente a nove e sette mesi di reclusione per omicidio colposo. La pena è stata sospesa.
La decisione è stata presa dal giudice Riccardo Corleo del Tribunale di Palermo, che ha accolto le richieste della pm Renza Maria Cescon. È stata invece assolta la dottoressa Gabriella Amico, medico di turno quella notte. I familiari della vittima, seguiti da Giesse Risarcimento Danni, hanno anche avviato un’azione in sede civile.

L’intervento era stato fissato per il 15 maggio 2018, quando la donna fu ricoverata per la rimozione di un laparocele, una forma di ernia. Dopo l’operazione, fu trasferita in reparto per il decorso post-operatorio, ma già dalla sera del 16 maggio emersero i primi segnali di complicazioni.
Secondo la ricostruzione dello studio legale, l’infermiera, accortasi della perdita di sangue dalla ferita, contattò via WhatsApp il chirurgo reperibile, il dottor Sacco. Sostituì i drenaggi su sua indicazione, ma durante la notte le condizioni peggiorarono. Dopo l’1:35, il medico risultò irreperibile, mentre il medico di guardia non dispose ulteriori esami.
Solo la mattina del 17 maggio, al ritorno del chirurgo in clinica, furono avviati accertamenti diagnostici, ma per Rosa Biondo era troppo tardi: la donna è morta alle 10:30, a causa di una grave emorragia non tempestivamente gestita.
Una consulenza medico-legale, affidata dalla procura alla dottoressa Claudia Bevilacqua, ha confermato che la morte era evitabile. L’emorragia si è sviluppata nell’arco di circa dodici ore, e secondo l’esperta, una diagnosi e un intervento tempestivi avrebbero potuto salvare la paziente.

Durissimo lo sfogo del marito, Gregorio Trucco: «Nessuno farà nemmeno un giorno di carcere. Rosa è stata lasciata a morire dissanguata. Il chirurgo non ha più risposto ai messaggi dopo l’una e nessuno, nemmeno il medico di guardia, ha capito la gravità della situazione».
Il caso, seguito in tutta la sua evoluzione da Giesse, gruppo legale specializzato in malasanità, rappresenta un precedente raro. «Le condanne, seppur lievi, sono comunque un segnale importante – afferma Diego Ferraro, responsabile per la Sicilia occidentale –. Di solito i processi di questo tipo finiscono con l’assoluzione».
La famiglia di Rosa Biondo ha deciso di proseguire la battaglia in tribunale civile, chiedendo un risarcimento per la perdita e denunciando una gestione clinica che – a loro dire – ha trasformato un intervento di routine in una tragedia evitabile.