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“Cos’hanno fatto a nostro figlio”. Garlasco, la notizia arriva dai genitori di Sempio

Pubblicato: 09/07/2025 11:44

Garlasco torna sotto i riflettori e questa volta la luce si accende su una storia di famiglia, dolore e coraggio. Dopo anni di silenzio, i genitori di Andrea Sempio scelgono di raccontarsi, portando una ventata di umanità nel giallo che da diciassette anni sconvolge la provincia: l’omicidio di Chiara Poggi. Nel cuore di un’estate che sembra infinita, il settimanale Oggi raccoglie le parole di chi ha vissuto la tempesta mediatica sulla propria pelle.

Il racconto si apre con Giuseppe Sempio, padre di Andrea, che, seduto come ogni mattina nel bar del paese, lascia cadere le maschere e parla. Rievoca quel lunedì di Ferragosto che ha cambiato tutto: “Andrea era con me, ci siamo svegliati verso le 7.30, 8… era una giornata normalissima, e invece è diventata una ferita che non si chiude”. Un dettaglio che torna più volte è lo scontrino del parcheggio, trovato tra le cartacce dell’auto di Andrea: “Mia moglie l’ha messo via con cura, intuendo che poteva essere importante”.

Garlasco, la pressione pubblica e la forza di una famiglia

Accanto a Giuseppe, c’è Daniela, madre di Andrea, che con voce affaticata ma decisa racconta il peso del pregiudizio: “È successo davanti a me – racconta – madre e figlia passano davanti al negozio dove lavorava Andrea, e la figlia dice: ‘Allora è lui che ha ammazzato Chiara Poggi?’, e la madre annuisce. È come se fosse già stato condannato. Ma mio figlio è innocente, sono sicura al mille per mille”. Il dolore si mescola alla quotidianità: “Non puoi programmare nulla – aggiunge – perché magari l’avvocato ha bisogno di te. È come vivere in apnea”.

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La difesa di Andrea: una vita sotto esame

Nell’intervista a Oggi, Giuseppe Sempio affronta le accuse con una precisione fatta di orari, abitudini e ricordi familiari. Alla domanda su quanto fosse strano andare in libreria a Ferragosto, risponde senza esitazioni: “Mio figlio è un divoratore di libri. Economia, psicologia, politica, legge di tutto. La tv non la vuole nemmeno in camera, e ancora oggi gli sto facendo scaffali per contenere tutti i suoi volumi”. Andrea, quel giorno, aveva davvero tentato la fortuna con la Feltrinelli, aveva salutato la nonna e poi era tornato a casa per il pranzo.

Il padre ripercorre anche la sequenza degli interrogatori, sottolineando come le indagini abbiano preso pieghe inaspettate: “Sembra che si fosse presentato con lo scontrino già pronto – spiega – ma non è così: glielo hanno chiesto e lui è andato a prenderlo”. Daniela conferma: “Queste omissioni fanno sembrare tutto torbido”.

Ombre, sospetti e false piste

Durante il confronto, emerge anche il tema degli scritti trovati nella spazzatura, appunti che i giornali hanno definito inquietanti. “Lo dicono i giornali, noi non li abbiamo visti”, precisa il padre. “Andrea ha sempre scritto, anche sui libri. Gli piaceva farlo, è sempre stato così”. E sulle voci di un legame tra Daniela e un vigile del fuoco, la risposta è netta: “Ma va, anche il cellulare di Daniela si agganciava alla cella di Gambolò, lo hanno detto i tecnici”. Festini e messe nere? “Tutte favole”, taglia corto Giuseppe.

I genitori ricordano con chiarezza anche il momento in cui hanno saputo dell’omicidio: “Stavamo tornando dalla nonna quando vedemmo le transenne, i carabinieri, la Croce Rossa. Pensavamo fosse un malore”, racconta Giuseppe. “Poi un vigile mi disse: ‘Hanno ucciso una ragazza, la Poggi. Dentro casa c’è una scena che non si può vedere’”. Andrea, sconvolto, tentò subito di avvisare l’amico Marco Poggi.

Un figlio, una vita normale e l’attesa della verità

Dietro l’immagine pubblica, Andrea resta un ragazzo timido, immerso nei suoi libri e nei suoi pensieri: “Parla da solo sotto la doccia da quando è bambino”, confessa il padre. Avrebbe voluto studiare, ma l’università era fuori portata: “Per l’università servono cose che non dipendono solo dal figlio. Anche la famiglia deve poterselo permettere, e noi non potevamo”.

Oggi, mentre Andrea viene indagato per la terza volta, Daniela dà voce a una stanchezza che diventa paura: “Forse preferirei una sentenza piuttosto che un’archiviazione. Ho paura che non finisca mai, che tra sette o otto anni qualcuno si risvegli con un ricordo, e si riparta daccapo. Temo che possano tornare a tormentarlo ancora, mio figlio”.

La richiesta di una famiglia: basta ombre, solo verità

Questa è la storia di una famiglia che non cerca pietà, ma verità. Un nucleo che ha imparato a convivere con un’ombra che non ha mai scelto e che ora, sotto lo sguardo di tutta Italia, chiede solo una cosa: che la giustizia faccia davvero il suo corso. Fino in fondo.

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