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Garlasco, colpo di scena: non solo attrezzi nel canale di Tromello. Cosa c’era

Pubblicato: 09/07/2025 15:26

In fondo a quella roggia dimenticata dal tempo, tra i rami secchi e il fango denso, giacevano oggetti che nessuno avrebbe mai pensato di trovare. Il sole era appena alto nel cielo di maggio, e l’acqua stagnante, carica di silenzio, sembrava non aver mai raccontato nulla. Eppure, sotto quel velo marrone, la memoria poteva essere ancora viva. Ci volle una mano paziente, quella di un muratore tornato per un sopralluogo, a smuovere ciò che da anni era rimasto nascosto. Ogni oggetto che emergeva pareva appartenere a una storia rimossa, e tra ferraglia arrugginita e resti di vecchi rifiuti, c’erano anche cose che sembravano avere un peso diverso.

Chi pulisce i luoghi dimenticati lo sa: a volte, quello che si trova può cambiare tutto. E se non lo fa, può comunque accendere domande rimaste troppo a lungo sepolte. In quel canale della campagna pavese, Mustapha Etarazi non stava cercando risposte. Ma qualcosa lo ha trovato. E ora, quello che ha visto – e forse conservato – rischia di riaprire uno dei casi più controversi degli ultimi vent’anni: l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco.

Garlasco audio zie Chiara

«C’erano anche un paio di scarpe con la suola a pallini». È con questa frase, pronunciata a margine di un’intervista esclusiva al settimanale Gente, che Mustapha Etarazi, muratore di origine marocchina residente in Italia dal 2001, potrebbe aver riscritto un capitolo decisivo del caso Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007.

Il dettaglio – un paio di scarpe taglia 43 o 44, con suola a pallini – non è di poco conto: è quell’impronta a pallini lasciata nel sangue della giovane a rappresentare uno degli elementi più controversi dell’intera inchiesta. Impronta attribuita ad Alberto Stasi, condannato in via definitiva, ma che negli anni è stata oggetto di perizie contraddittorie: Stasi calza il 42, e non possedeva calzature con quella suola, mentre il nuovo indagato Andrea Sempio indossa proprio un 44.

Secondo Etarazi, il ritrovamento avvenne nel 2018 nella roggia di Tromello, lo stesso luogo indicato dal super teste Gianni Bruscagin come teatro di una scena sospetta: Stefania Cappa, cugina di Chiara, vista con un borsone pesante vicino al canale, mai aperto e mai rinvenuto. Quello stesso canale che Etarazi doveva ripulire per mettere in sicurezza una casa. Tra la spazzatura e il fango, racconta oggi, trovò uno zaino militare consunto, un attizzatoio, un’ascia, una testa di martello – ma anche quelle scarpe. «Non le ho tenute – dice – io porto il 42, erano più grandi».

Eppure, le avrebbe fotografate, sostiene. «Ho le prove. Le darò solo ai magistrati. Le conservavo per motivi di lavoro, non per sospetti». A confermare la tempistica del racconto c’è il 14 maggio scorso, giorno del sopralluogo degli inquirenti nel canale. Proprio quel giorno, dice, si ricordò degli attrezzi e li consegnò ai carabinieri. Da lì, tutto è precipitato: le pressioni del vicinato, il sospetto che la sua scoperta potesse dar fastidio a qualcuno: «Sono parenti dei Cappa. Mi hanno detto di non parlare».

La vicenda aggiunge un altro tassello a un caso che continua ad alimentare dubbi, piste parallele e tensioni. Le scarpe a pallini potrebbero rappresentare una conferma clamorosa alle parole di Bruscagin e aprire uno scenario alternativo a quello cristallizzato nella sentenza definitiva contro Stasi. Oppure – se non supportate da verifiche oggettive – restare un altro tassello sfocato nel mosaico incompleto dell’omicidio Poggi. Tutto dipenderà dalle prove che Etarazi promette di avere. E da quello che i magistrati faranno con esse.

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