
Occhiali scuri, abito impeccabile, il capello d’argento ancora perfetto nonostante l’inerzia del pisolino: Hugh Grant è stato immortalato così, nella giornata di lunedì, mentre si appisolava con grazia tra le tribune verdi del Centre Court di Wimbledon. In campo c’erano Novak Djokovic e Flavio Cobolli, ma a quanto pare non bastavano nemmeno il talento del serbo né la freschezza del giovane italiano per tenerlo sveglio.
Non è solo una foto divertente. È una perfetta rappresentazione del tipico humour inglese, quello che non ha bisogno di parole per prendersi gioco del mondo. Grant, che dell’autoironia ha fatto un’arte (anche quando non voleva), sembra aver scritto un’altra scena di Notting Hill, ma questa volta con i sogni al posto dei dialoghi e le partite di tennis come colonna sonora. Se esistesse un premio BAFTA per l’eleganza con cui ci si addormenta in pubblico, sarebbe suo di diritto.

Chi lo conosce — o chi lo ha amato sullo schermo — sa che l’attore ama prendere in giro la mondanità, l’apparenza, la sovrabbondanza di zelo con cui spesso si celebra ogni evento pubblico. Addormentarsi durante un match a Wimbledon, tempio sacro del tennis inglese, non è solo uno scivolone di stanchezza: è un gesto quasi involontariamente politico. Un “not impressed” regale, una smorfia involontaria che sembra dire: “Sì, carini tutti, ma svegliatemi quando si fa sul serio”.
Lui, del resto, può permetterselo. A 63 anni compiuti, Grant è ormai fuori dalla gabbia del sex symbol e anche da quella della carriera frenetica. Vive come vuole e guarda il tennis — o forse sogna di guardarlo — come chi non deve più dimostrare nulla. Nemmeno di essere sveglio.