
Dopo 17 anni di silenzio e incertezze, è stato riaperto il caso di Maria Pellegrini, la maestra in pensione trovata morta soffocata nella sua abitazione di Casalserugo, in provincia di Padova, nel dicembre del 2008. All’epoca il caso finì senza colpevoli, sospeso tra ipotesi e archiviazioni. Oggi, grazie ai progressi della tecnologia forense, l’inchiesta è stata riaccesa e ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di un 47enne di origini albanesi, attualmente detenuto per un altro reato.
L’uomo è stato identificato attraverso l’analisi del DNA: un campione biologico risalente all’epoca del delitto, prelevato da un nastro adesivo usato per fissare un sacchetto di plastica attorno al volto della vittima, è stato riesaminato con metodi più avanzati rispetto a quelli disponibili nel 2008. Il confronto ha prodotto un riscontro positivo, che ha permesso agli inquirenti di dare un nuovo impulso alle indagini.
La magistratura padovana ha richiesto lo svolgimento di una perizia tecnica in incidente probatorio, per accertare la solidità del legame tra quel DNA e l’indagato. Il giudice per le indagini preliminari, Claudio Marassi, ha già fissato un’udienza per conferire l’incarico ai periti, che dovranno operare in contraddittorio, alla presenza dei consulenti delle parti e dei legali delle persone coinvolte.

La famiglia di Maria Pellegrini, che per anni ha chiesto verità e giustizia, sarà rappresentata dagli avvocati Gianni Morrone e Luana Masiero. Il 47enne indagato sarà invece difeso dall’avvocato Fabio Crea. Gli esami sullo scotch e sui reperti conservati all’epoca dovranno stabilire con chiarezza il grado di compatibilità del DNA, e se possa essere considerato prova decisiva.
Stando alle ricostruzioni investigative più recenti, il movente dell’omicidio sarebbe di natura economica. La maestra, pur conducendo una vita riservata, era proprietaria di diversi immobili e gestiva autonomamente un patrimonio stimato in alcuni milioni di euro. Una persona autonoma, attenta e presente nella comunità, che non ostentava ricchezza ma possedeva beni appetibili.
Nei primi tempi si era ipotizzato il tentativo di una rapina finita male, ma questa pista è stata in seguito ridimensionata. L’assenza di segni evidenti di effrazione o disordine in casa, unita al profilo prudente della vittima, ha spostato l’attenzione verso un possibile omicidio preparato con attenzione, forse da qualcuno che conosceva le abitudini della donna.
I dettagli dell’esecuzione fanno pensare a un delitto premeditato: la vittima fu soffocata con un sacchetto sigillato, e non ci furono segni di colluttazione. Un intervento rapido e silenzioso, che ha lasciato poche tracce, ma una di queste – il DNA sul nastro – potrebbe ora risultare fatale per l’indagato. L’elemento biologico era stato repertato, ma solo oggi la scienza è riuscita a renderlo leggibile.
Negli anni, i familiari non si sono mai arresi. Il loro ultimo appello pubblico risale al 2021, quando si rivolsero alla trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?”. Ora potrebbero finalmente ottenere risposte. Se la perizia confermerà la compatibilità genetica, si aprirà un nuovo capitolo processuale, e con esso la possibilità di dare giustizia a Maria Pellegrini, una donna rimasta per troppo tempo solo un nome su un fascicolo polveroso.