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Il Parlamento europeo boccia la mozione di sfiducia a von der Leyen, la destra italiania si divide

Pubblicato: 10/07/2025 12:59

Il Parlamento europeo ha respinto la mozione di sfiducia contro la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, con 360 voti contrari, 175 a favore e 18 astenuti. Hanno votato in 553 su 720 eurodeputati. Nonostante il voto fosse atteso come negativo, il caso ha messo in luce una fragilità politica crescente per von der Leyen, a un anno dalla sua possibile riconferma.

La maggioranza italiana si è mostrata spaccata: Forza Italia, membro del Ppe come von der Leyen, ha votato contro la sfiducia. Fratelli d’Italia ha scelto di non partecipare al voto, mentre la Lega ha votato a favore della mozione. Nell’opposizione, il Pd si è allineato ai socialisti europei votando contro, mentre il Movimento 5 Stelle ha votato per la sfiducia, distinguendosi dal gruppo The Left, che ha invece deciso l’astensione.

La mozione era stata presentata dall’eurodeputato romeno Gheorghe Piperea del gruppo Ecr e aveva raccolto il sostegno di 72 parlamentari, numero necessario per portarla in aula. Le accuse principali riguardavano lo scandalo Pfizergate, la mancata consultazione del Parlamento sullo strumento Safe per il riarmo europeo, e presunte interferenze nelle elezioni tedesche e romene tramite il Digital Services Act.

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Il gruppo socialista ha deciso di votare contro la sfiducia solo dopo aver ricevuto garanzie dalla presidente sul Fondo sociale europeo, che sarà incluso nel prossimo bilancio Ue. “Abbiamo ottenuto una vittoria per i cittadini”, ha commentato su X il gruppo S&D, che nei giorni precedenti aveva valutato l’opzione dell’astensione.

La mozione è stata comunque vista come un campanello d’allarme per von der Leyen, nel pieno di negoziati delicati sui dazi con gli Stati Uniti, sull’impegno europeo in Ucraina, e in un momento in cui la Commissione dovrebbe dimostrare unità e leadership. Il voto ha evidenziato malumori diffusi nella maggioranza che l’ha sostenuta sin dal primo mandato.

Nei giorni scorsi, von der Leyen aveva cercato accordi con i socialisti per evitare l’astensione. Un’astensione da parte loro non avrebbe cambiato il risultato, dato che servivano i due terzi dei voti espressi per approvare la mozione, ma avrebbe dato un forte segnale politico negativo.

Il voto ha confermato la frattura tra i gruppi: Ppe, socialisti, liberali, verdi e Sinistra hanno rifiutato la mozione dell’estrema destra. A favore si sono espressi i gruppi Patrioti per l’Europa e Identità e Democrazia, mentre l’Ecr è apparso diviso, con Fratelli d’Italia e le delegazioni di Spagna, Lituania, Lettonia, Bulgaria e Repubblica Ceca che non hanno partecipato.

All’interno della cosiddetta “maggioranza Ursula” — formata da Ppe, S&D e Renew — cresce però la frustrazione. Il Ppe è accusato dagli alleati di voler costruire maggioranze alternative con la destra, mettendo a rischio il Green Deal e altri impegni comuni. Le tensioni sono esplose a fine giugno, quando la leader socialista Iratxe García Pérez ha lanciato un ultimatum a von der Leyen, chiedendo un cambio di passo entro settembre, in vista del Discorso sullo Stato dell’Unione.

A pesare anche l’incertezza sul prossimo bilancio pluriennale Ue post-2027, che la Commissione presenterà il 16 luglio. Si parla di un possibile accorpamento dei fondi di coesione e agricoltura, con un futuro incerto per il Fondo sociale europeo e un accentramento della governance. A complicare ulteriormente il clima, il passo indietro annunciato — e poi smentito — sul ritiro della direttiva “Green claims”, pensato per contrastare il greenwashing, ha alimentato le accuse di eccessiva accondiscendenza verso le destre.

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