
Il Parlamento europeo si appresta a vivere una giornata delicata, carica di tensione politica e simbolica. A mezzogiorno, infatti, si terrà la votazione sulla mozione di sfiducia nei confronti della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e del suo collegio. Un passaggio parlamentare che, salvo imprevedibili colpi di scena, non dovrebbe portare a un cambio ai vertici, ma che certifica con forza un momento di debolezza politica per la presidente, a meno di un anno dalla sua riconferma.
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Il segnale arriva in un contesto in cui l’Unione europea è impegnata su dossier centrali, dal negoziato sui dazi con gli Stati Uniti al sostegno alla pace in Ucraina, e in cui sarebbe invece fondamentale una Commissione solida, capace di rappresentare unità e autorevolezza. Eppure, il voto odierno fotografa una spaccatura nella cosiddetta “maggioranza Ursula”, e una tensione crescente che attraversa gli schieramenti europei.

I negoziati con i socialisti e la mozione della destra
Nei giorni precedenti al voto, von der Leyen ha lavorato intensamente per ottenere il sostegno dei socialisti, cercando di evitare l’astensione che, pur non cambiando il risultato numerico (perché servono i due terzi dei voti espressi per approvare la sfiducia), avrebbe rappresentato un forte segnale politico negativo. La presidente ha dovuto rispondere alle critiche sulla gestione del Pfizergate, sul mancato coinvolgimento del Parlamento nello strumento Safe per il riarmo europeo, e sulle presunte interferenze nelle elezioni tedesche e romene tramite il Digital Service Act.
La mozione è stata presentata dall’eurodeputato romeno Gheorghe Piperea, appartenente al gruppo Ecr, e ha trovato appoggio tra le forze dell’estrema destra europea. A opporsi in blocco sono stati i popolari, di cui von der Leyen fa parte, insieme a socialisti, liberali, verdi e Sinistra, che hanno chiarito fin da subito di non voler appoggiare una mozione strumentale. A favore si sono invece schierati i Patrioti europei e l’Europa delle nazioni sovrane. Lo stesso Ecr, però, si è mostrato spaccato, con Fratelli d’Italia contrari alla sfiducia.
L’incognita socialisti e il compromesso sul Fondo sociale europeo
Nella serata di ieri, il gruppo dei socialisti (S&D) ha sciolto la riserva: voterà contro la mozione, scongiurando quindi l’astensione. Una decisione maturata dopo una trattativa serrata con von der Leyen, culminata nella rassicurazione sul mantenimento del Fondo sociale europeo nel prossimo bilancio pluriennale dell’Unione. Anche la delegazione italiana del Pd ha aderito a questa linea, come confermato in un post pubblicato su X dal gruppo: “S&D ha ottenuto un’importante vittoria per i cittadini”.
Nonostante ciò, le tensioni politiche rimangono. L’alleanza che un anno fa aveva garantito a von der Leyen un secondo mandato, composta da popolari, socialisti e liberali, è sempre più fragile. I socialisti e il gruppo Renew Europe accusano il Ppe di cercare maggioranze alternative con la destra, compromettendo gli impegni presi sul Green Deal e il programma condiviso.

Le accuse di appiattimento sul Ppe e la partita del bilancio
A pesare sul clima politico c’è anche la percezione di un appiattimento della Commissione sulle posizioni del Partito popolare europeo, con von der Leyen vista come sempre più vicina alla sua famiglia politica d’origine. La tensione ha raggiunto l’apice a fine giugno, con un ultimatum della leader socialista Iratxe García Pérez, che ha chiesto un cambio di rotta entro settembre, quando la presidente pronuncerà il Discorso sullo stato dell’Unione.
A complicare ulteriormente la situazione, si aggiungono le indiscrezioni sulla nuova architettura del bilancio post 2027, che la Commissione presenterà il 16 luglio. Tra le ipotesi più criticate: l’accorpamento dei fondi di coesione e agricoltura, l’incertezza sul futuro del Fondo sociale europeo e un maggiore accentramento della governance a livello nazionale. Il tutto, aggravato dal passo falso sul ritiro — poi rientrato — della direttiva “Green claims” contro il greenwashing, vista da molti come una concessione eccessiva al Ppe e all’Ecr.
L’equilibrio fragile della maggioranza Ursula
Anche se oggi la mozione non passerà, resta il fatto che la “maggioranza Ursula” vive un momento di grande instabilità. Per far avanzare le sue proposte, la Commissione ha bisogno del sostegno del centro europeista, perché — come spiegano ambienti parlamentari — “con l’estrema destra si riesce a distruggere, ma non a costruire l’Europa”.
La sfida per von der Leyen non è solo respingere un attacco prevedibile, ma ricostruire la fiducia di chi, appena un anno fa, ha scelto di riconfermarla alla guida dell’Unione. E, soprattutto, dimostrare che il suo secondo mandato non sarà improntato all’aritmetica delle maggioranze variabili, ma alla coesione politica, capace di reggere alla prova dei dossier più complessi. La votazione di oggi sarà solo un passaggio, ma il vero banco di prova arriverà con le scelte concrete dei prossimi mesi.