
Le grida non arrivano dal grande schermo, ma dalla strada, da una mattina qualunque trasformata in incubo. “Fermatelo, chiamate la polizia!”, implorano le voci fuori campo, mentre le immagini riprodotte in aula scorrono lente e crude. È il video dell’orrore, quello dell’omicidio di via Menotti a Varese, mostrato durante il processo a Marco Manfrinati. Una scena che ha gelato la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Andrea Crema, e lasciato senza fiato chi era presente.
In pochi minuti, il filmato racconta una furia incontenibile, un attacco premeditato, la trasformazione di un uomo in carnefice. Il processo contro Manfrinati – accusato dell’omicidio dell’ex suocero Fabio Limido e del tentato omicidio della ex moglie Lavinia Limido – entra nel vivo con un’udienza definita dagli stessi legali come “ad alto peso emotivo”.
Massacrò il suocero e quasi uccise la moglie: le immagini in aula
Era il 6 maggio 2024 quando tutto è accaduto. Le telecamere di sorveglianza in via Menotti riprendono Manfrinati che si avventa su Lavinia. La colpisce con un coltello, la costringe a terra mentre lei prova a fuggire. Le urla di dolore, le invocazioni d’aiuto si sovrappongono al silenzio feroce del video. Lavinia viene colpita ripetutamente al volto.
A salvarle la vita è suo padre Fabio, che interviene armato di una mazza da golf. Il suo gesto eroico blocca l’aggressore, ma gli costa la vita. Manfrinati fugge, ma solo per un attimo. Sale sull’auto, sbatte contro un muro, poi torna indietro in retromarcia e si scaglia contro Fabio. Le telecamere a quel punto smettono di inquadrare, ma le testimonianze raccolte non lasciano dubbi: Manfrinati scende dal veicolo e uccide il suocero con 45 coltellate.
“Hai visto cosa ho fatto a tuo marito e tua figlia? Questo è quello che succede quando si toglie un figlio a un padre”, avrebbe detto all’ex suocera Marta Criscuolo pochi istanti dopo il delitto, secondo quanto riferito da una testimone in aula. Parole che risuonano come una condanna ancora prima della sentenza, un manifesto di vendetta scagliato contro chi, a suo dire, gli aveva strappato qualcosa.
Durante l’udienza, l’avvocato di parte civile Fabio Ambrosetti ha sottolineato la gravità delle immagini e delle dichiarazioni ascoltate, parlando di un processo che richiede alla giustizia non solo rigore ma anche umanità, di fronte a una tragedia familiare che si è trasformata in un efferato omicidio. Le prossime udienze saranno decisive per delineare le responsabilità e definire la condanna. Ma intanto, quelle immagini continuano a scuotere chi le ha viste, e non solo in aula.